Ve la ricordate Lella quella ricca la moje de Proietti er cravattaro?
Io me la ricordo benissimo nella canzone “Te la ricordi Lella”, scritta da Edoardo De Angelis e interpretata nelle altre versioni della Schola Cantorum e Lando Fiorini.
E’ una canzone in dialetto romanesco che dopo 49 anni è più attuale di quando venne cantata De Angelis per la prima volta al celebre Folkstudio di Roma.
Io me la ricordo che ero ragazzino e ascoltavo dalle musicassette il dramma di Lella, colpevole solo di non amare più un uomo. Quando cercavo di capire cosa fosse un cravattaro e se Lella era ricca o riccia.
La canzone narra una brutta storia di un omicidio passato come delitto d’onore o d’amore. Entrata nella tradizione della musica italiana e senza il peso appropriato alla tragedia.
Una vicenda dove un uomo confessa ad un amico di quando, quattro anni prima, ha ucciso la sua amante che voleva lasciarlo proprio l’ultimo giorno dell’anno.
Oggi risentire quelle parole prendono una forma diversa, non c’è più la forza sentimentale del romanesco, la capacità evocativa dello stornello. Dietro c’è un uomo che a mani nude soffoca e sotterra, sotto la sabbia del mare di Roma, una donna colpevole di non amarlo più.
In quegli anni non si pensava al dramma, Lando Fiorini, nella sua versione pubblicata sul 45 giri nel ‘75 è appassionato e commovente, racconta di una mattina che era l’ultimo dell’anno e di lei che con la faccia indifferente gli dice “Me so’ stufata nun ne famo niente”.
Io immaginavo una coppia a cui piaceva anna’ ar mare quann’è inverno e fa’ l’amore cor freddo che faceva.Vedevo un mare in burrasca e un amore clandestino, capelli disordinati e vestiti sciattati tra le barche in secca sulle dune di Ostia e il dramma, senza pentimento, che esce fuori dopo 4 anni.
Per chi ascoltava c’era un uomo che l’aveva fatta franca, che si è pulito anima e coscienza confessando tutto ad un amico, e che lo intimava de nun lo fa sapè, nun lo dì a nessuno, tiettelo pe’ te
Per chi l’ascolta oggi tutto cambia. Perché la violenza basata sul genere è di gran lunga la prima causa di morte violenta per le donne. Con 120 morti l’anno il femminicidio non può più essere una canzone, non può essere nella tradizione popolare.
Oggi più che mai Lella è la storia di quanti uomini l’hanno presa al collo e nun se so’ fermati, attenti a nun sporcasse sul vestito.
Lella era una donna forte e libera, in una Italia che sta ancora tutta qui anche dopo 50 anni.
Un paese di maschi violenti e incapaci di amare e che se ne so’ andati senza guarda’ indietro e senza rimorsi.
Senza pensà a Lella che sta lì sotto e tutti che se credevano che era andata via co’ uno co’ più soldi del marito…
Marco Raffaelli