Cari amici di Storiecorrenti, oggi voglio parlarvi delle mie emozioni di fronte all’infinito.
Noi che viviamo in modo attivo e all’aria aperta, che lo facciamo spesso, con piacere ed in modo sportivo, abbiamo l’occasione di trovarci di fronte a panorami mozzafiato in cui lo sguardo può giungere fino all’orizzonte.
Può capitarci al mare, in montagna o in campagna, all’alba o al tramonto o nel pieno del giorno, in condizioni di sole, di pioggia o di vento, in estate o in inverno.
Ammirare una vista fino all’orizzonte ha infinite declinazioni ma per me autistico l’emozione si ripete immutata. È una nostalgia per un luogo dove in realtà non sono stato mai, una sorta di malinconia preventiva per qualcosa che sta oltre lo sguardo.
Fino all’orizzonte, noi vediamo cose note di dimensioni finite, cose che per quanto siano grandi e belle, appartengono al nostro mondo concreto e finito.
Oltre l’orizzonte, ha idealmente inizio l’infinito che inizia lì e non avrà più fine.
Non è composto da cose concrete ma è il luogo dell’assoluto, eterno e immutabile.
Non è una dimensione della materia ma dello spirito umano.
Io provo nostalgia di questo infinito, come se fossi nato per stare lì e mi trovassi invece qui, in questo mondo di cose finite ma in esilio.
Penso che siamo fatti per qualcosa di più grande di ciò che siamo ora e ogni orizzonte me lo ricorda in modo struggente.