IO MI PINCIO
Questo il testo laconico del post di Orlando Spilimbergo di qualche minuto fa. Malvina lo legge mentre sta per salire sull’aereo per Fiumicino su segnalazione di un paio di collaboratori. Si agita e chiama la produzione a Roma:
– Ma non l’avete mandata una comunicazione ufficiale a Spilimbergo? Ah, ecco. No, perché ha appena pubblicato una foto tutta nera al centro della quale, in rosso, il testo recita IO MI PINCIO. I commenti ovviamente parlano di Dipinti in cerchi e i fans si danno appuntamento lì. La location non doveva essere nota e lui o non ha capito che non è più della partita o vuole armare un casino. In ognuno dei casi è da risolvere.
Malvina mentre ascolta l’interlocutore, anzi un paio che son lì febbrili ad alternarsi al telefono, sente il peso degli imprevisti, percepisce la sua forza ma anche la gran fatica di avere a che fare con un mucchio di gente e con un mucchio di social della gente, quasi raddoppiasse la mole di lavoro, di controllo, di responsabilità.
– Non possiamo ritrovarci la folla per la foto di gruppo. E non possiamo rischiare che Spilimbergo ne approfitti per farsi un po’ di pubblicità facendo qualche cavolata. Dobbiamo cambiare location. Anche subito. Immediatamente.
Martina Neva e Narciso si sono appena fermate in un autogrill sull’Aurelia, sorprese dall’alba che sta arrivando e dalla voglia di caffeina. Si sono parlate poco durante il viaggio, si sono studiate le mani, quelle di Martina Neva stabilmente sul volante, smalto rosso e unghie medio lunghe, quelle di Narciso spesso nascoste, braccia incrociate, unghie corte e smalto blu scuro. Adesso stringono tra le mani, entrambe, due tazze nere piene di un cappuccino bollente. In tutto ci sono quattro tavoli, divisi da altri quattro da un corridoio che porta al bancone. Trasportatori, turisti imbacuccati, fumi di caffè, sguardi indecisi, musica di sottofondo, appena troppo alta, di Fedez.
– Ti piace Fedez?
– No.
– Che musica ascolti?
Martina Neva sa benissimo che Narciso ascolta solo musica classica, Ravel, Debussy, Shostakovic,
– Di base non la ascolto. Se capita, vado a qualche concerto.
– L’ultimo concerto a cui sei stata?
– Era una filarmonica. Passavano da Grosseto. Sono andata. Ma non mi ha coinvolto molto. Tu invece? Ti piace Fedez?
– Beh, non è il mio mito ma mi capita di ascoltarlo, sì. Interpreta bene l’oggi, secondo me.
– L’oggi?
– Sì. La contemporaneità. Hai visto il video di “Bimbi per strada”?
– “Bimbi per strada”?
– Sì, il pezzo che stiamo sentendo. Guarda.
Prende il cellulare, clicca sul video e prova ad andare al momento esatto in cui si trova la canzone diffusa nell’autogrill. Fa un paio di tentativi e poi riesce a raggiungere il punto perfettamente sincronizzando i due dispositivi.
– Fallo anche tu.
Narciso sta al gioco, ubbidisce, prende il telefono e in un paio di clic raggiunge sia il celllulare di Martina Neva che la musica diffusa. Siamo a tre quarti del brano.
– Comunque non è male.
– Anche se non è una filarmonica?
– Anche.
Arriva nello stesso momento un messaggio ad entrambe che irrompe sul video:
Messaggio riservato a voi 10, da non divulgare in alcun modo né tramite social né presso amici, parenti o conoscenti: per spiazzare qualsiasi aspettativa e per farvi entrare nel clima, ci vedremo all’ora pattuita non più al Pincio ma nel posto più inglese della città. Se siete arrivati fin qui, non vi potrà certo spaventare un indovinello facile facile.
Narciso e Martina Neva si guardano negli occhi e si sorridono per la prima volta.
Il primo sorriso tra Tanya e Lena, invece, ha come sfondo il parco attiguo a dove è stato piantato il tendone. Ma avviene nello stesso istante in cui accade quello tra Narciso e Martina Neva. Solo che questo è seguito da un abbraccio interminabile, un abbraccio coraggio, un abbraccio sfida, un abbraccio consolazione, un abbraccio sfogo. Anche un abbraccio fuga, che è quella che Lena, col tremore nelle gambe e nel cuore, sta mettendo in atto contro la sua famiglia. Una fuga che le farà saltare l’ultima data di Salsomaggiore. E che chissà quanto sente che dovrà pagare in termini emotivi. Che sta già pagando.
– Stai tremando perché sei emozionata di vedermi?
– Anche. Molto. Ma non è solo questo. Non è più al Pincio.
– Non andiamo più a Roma?
– A Roma, sì, ma con un enigma, un indovinello. Il posto più inglese di Roma.
– Ah, ci vogliono anche incasinare adesso.
Mentre raggiungono l’auto, Tanya guarda sul cellulare e Lena si guarda indietro, vede il tendone sempre più lontano, piena di tensioni e di immagini: la sua tigre, le rughe di sua madre, le mani di suo padre, i suoi attrezzi da lavoro, il suo costume rosa.
– Una sala da tè al Pigneto, un cimitero di guerra del Commonwealth, una scuola di inglese, il British Council. Questo è quel che esce digitando…
– Prova Bloomsbury a Roma
– Nulla. La mostra sul gruppo ma è finita una settimana fa. Qualche volume. Va beh, continuiamo on the road. Prego, signorina, questa è la carrozza che la condurrà fino a Roma.
Lena si guarda un’ultima volta indietro, verso la famiglia, il lavoro, il tendone e la città.
Fidel legge lo schermo e si consulta subito con suo padre. Ebreo, con un padre sfuggito all’eccidio nazista, ai rastrellamenti orribili del ’43 grazie ad un nascondiglio segreto: il sottotetto di San Gioacchino a Prati. Per sette mesi, fino alla primavera del ’44, il nonno di Fidel è stato chiuso lì dentro e questo è bastato a salvargli la vita. Un rosone l’unico contatto con l’esterno.
– Il luogo più inglese o più londinese?
– Beh, Bloomsbury è Londra.
– Forse ho capito.
A Fidel fa piacere condividere anche questi momenti con suo padre Eraldo.. Abbandonato l’attivismo in politica, Eraldo si è chiuso nella sua falegnameria a Prati, non lontano dalla chiesa dove suo padre riuscì a sopravvivere come in un film. Non parlano mai della mamma. Non è come se fosse morta o come se fosse partita, è proprio come se non fosse mai esistita. E il chiudersi progressivo di Eraldo, con la metà femminile del mondo così come con la politica, è la chiave del suo rapporto simbiotico con Fidel. Il suo migliore amico, reciprocamente. Giovane nel cuore come lui, ma più ermetico nel suo mettersi in gioco. Come fuori concorso.