Immaginate una spiaggia di sabbia bianca nel caldo di agosto.
Immaginate gli ombrelloni, i bambini, le sdraio, i teli mare, la gente, i racchettoni, i materassini, il
caldo cocente.
Riuscite ad immaginarla? Ne avrete viste tante.
Ora immaginate un po’ meno gente. Siamo su una spiaggia un po’ vip, la spiaggia della “gente bene” di una città del sud Italia dalla spiccata vocazione commerciale.
Qui le signore ci tengono molto al proprio aspetto: si mantengono, si curano, si ritoccano. Ma anche si guardano, si
commentano, si criticano.
Sono tutte ossessionate dal fare la cosa giusta: il costume giusto, il ristorante giusto, il marito
giusto.
Loro, le signore, non vorrebbero sentirselo dire, ma si respira un’aria un po’ provinciale.
Bene, su questa spiaggia un po’ così, ci sono anche loro, quelli che sono nati dalla parte sbagliata del mondo, e per sopravvivere sono stati costretti ad attraversare il mare in qualche modo, e ad inventarsi un mestiere qui da noi.
C’è Aisha, che cammina per la spiaggia portandosi dietro in una fascia sua figlia Fili. Sorride a tutti e per 15 € acconcia con treccine afro le teste delle bambine di buona famiglia che vogliono darsi un tocco naif.
C’è Omar, che vende borse di marca praticamente identiche a quelle vere. Sorride a tutti, mostra il
campionario alle signore. Loro le guardano tutte, solo per poter commentare un po’ scandalizzate
con le altre signore che “E’ pazzesco, sembrano proprio identiche alle originali. Però si capisce che sono false perché c’è un dettaglio che….”
Poi però con circospezione prendono il numero di telefono di Omar, che incontreranno in gran segreto per acquistare quei tanto criticati oggetti del desiderio.
C’è Khaled, che compare nelle giornate di vento con una scia di coloratissimi aquiloni svolazzanti;
c’è Hassan, che trascina sul bagnasciuga una fila di pinguini di gomma che ondeggiano allegri sul
loro contrappeso; c’è Tulip, che vende il cocco fresco.
Sono tutti educatissimi e discreti, si avvicinano solo se chiamati e sorridono sempre. Sorridono, nonostante il caldo e l’ingiustizia.
E poi c’è Alì.
Alì ha un campionario di anelli, bracciali, collane e gioielli vari in argento, o quel che è.
Cammina sulla spiaggia drappeggiato in una lunga tunica, e se una signora lo chiama si inginocchia sulla sabbia, stende un telo e con pazienza espone il suo ben assortito campionario. Intorno a lui si crea sempre un capannello di mamme e bambine, e quando sciorina la merce di solito riesce sempre a vendere qualcosa.
Mia moglie e la moglie del mio amico S. sono sue affezionate clienti, e uno dei giochi dell’estate è sfottere S. che lavora, mandandogli una foto della moglie che dilapida il patrimonio di famiglia mercanteggiando con Alì.
L’altro giorno Alì è stato chiamato da una signora, di quelle di cui in premessa: ritocchi sul corpo,
ritocchi sul viso. Il risultato dei ritocchi è un corpo da pin up e una faccia da megera.
Ma Alì tratta con eguale cortesia principesse e streghe: si inginocchia sulla sabbia, stende il telo e
con solennità inizia ad esporre il campionario. La strega però sembra non sapere quello che vuole e,
dopo aver fatto tirare fuori fino all’ultima collana, dice che non è convinta, e chiede di vedere i
bracciali. Pretende di vederli tutti, e un po’ seccata decide i passare agli orecchini. Poi non contenta
prova con gli anelli. Dopo più di mezz’ora non è ancora soddisfatta, e chiede di rivedere le collane.
Sembra finalmente interessarsi ad una, poi cambia e si concentra su una collana che Alì vende a 40 Euro.
E ne offre 5.
Ora, con Alì, e i venditori da spiaggia in generale, un po’ di contrattazione è d’obbligo, loro probabilmente se l’aspettano e la mettono in conto.
Un piccolo sconto lo fanno sempre, e lo sconto diventa maggiore se magari compri due o tre cose.
E magari offrire 5 € per una collana per cui te ne chiedono 40 potrebbe essere una tecnica di contrattazione, finalizzata magari a chiudere la trattativa ai 35, o addirittura 30 Euro.
E invece no.
La pin up col volto da arpia non vuole trattare. Lei, dopo averlo tenuto tre quarti d’ora in ginocchio sotto il sole, ora pretende quella collana per 5 Euro.
E non si limita ad offrirli i 5 Euro, ma per dimostrare tutta la sua pochezza -se mai ce ne fosse bisogno- sventola sotto il naso la banconota ad Ali, ripetendo con aria di sufficienza “Se li vuoi, questi sono”; quasi che Ali, preso dalla fame o dalla necessità, debba avventarsi su quella banconota
spiegazzata.
Così abbiamo lei all’ombra del suo ombrellone, seduta in punta al suo lettino da mare: c’è il telo con la bigiotteria ai suoi piedi sulla sabbia, c’è Alì, seduto a gambe incrociate dall’altro lato del telo,
e c’è una banconota da 5 Euro che viene sventolata davanti alla faccia di Alí come un croccantino davanti al muso di un cane.
Ma qui Alì compie il suo capolavoro.
Scuote la testa, e quasi scusandosi le dice “Mi dispiace, non posso” mentre con le mani inizia a raccogliere la sua roba dal telo e a metterla a posto.
Col piede, però, senza che la befana se ne accorga, accumula un po’ di sabbia sull’orlo del suo telo.
“Tanto non ti do neanche un euro di più” continua a dire lei.
Lui continua a scuotere mestamente la testa e a riporre bracciali sempre con la stessa lentezza; e intanto col piede accumula altra sabbia.
“Mi dispiace, cinque euro non posso” ripete ancora Alì alzandosi in piedi, che ha ormai riposto tutta la sua mercanzia. A terra è rimasto solo il telo con l’orlo coperto di sabbia.
“Peggio per te!” sentenzia la bisbetica, riponendo la banconota con evidente stizza.
“Mi dispiace”, ripete un’ultima volta Alì inchinandosi; intanto raccoglie il telo con un gesto ampio ed elegante che fa volare sulla befana tutta la sabbia accumulata.
L’epilogo è cinematografico, con Alì che si allontana lentamente sorridendo, e l’isterica che parte da
“Ma vedi sto morto di fame!” e continua raschiando il fondo del barile del razzismo più becero e
ributtante.
Ma adesso il sorriso di Alì è diventato anche il nostro sorriso.
E in quel sorriso c’è tutto il senso della sua dignità, nonostante l’ingiustizia della situazione.
Intanto la stronza continua ad urlare.
Inutile far finta di non sentire: in quel berciare bilioso c’è tutta la nostra maledetta ipocrisia.
#storiedacaffè