La Self-Transcendence 3100 miglia è la corsa podistica più lunga del mondo.
È un poema epico, è la “parola” che definisce l’azione di corsa e, in un senso più ampio, è il “racconto” stesso. Sì perché correre 3100 miglia, ovvero 4.989 km, è un’opera colossale al pari di un componimento letterario e narra le gesta leggendarie del popolo del running, estrema visione di una identità che raffigura in parte tutti noi.
La Self-Transcendence 3100 miglia è organizzata dallo Sri Chinmoy Marathon Team e si svolge nel Queens, a New York, da giugno ad agosto di ogni anno.
Solo nel 2020, per motivi legati alla pandemia da Covid 19, si è svolta a Salisburgo in Austria, dove ha vinto l’italiano Andrea Marcato, 38 anni, originario di Dolo.
Andrea ha finito la gara impiegando 43 giorni, 12 ore, 7 minuti e 25 secondi, (9’36” al km nelle 18 ore al giorno, che poteva correre – perché la gara impone il passo di corsa o cammino dalle 6 del mattino a mezzanotte).
Lo Sri Chinmoy Marathon Team è una squadra che dai primi anni ottanta si è specializzata su gare di più giorni nell’area di New York. Nel 1985 la prima gara di 1000 miglia a Flushing Meadows Park, la prima del suo genere, presto seguita dall’Ultra Trio, una serie innovativa di gare di 700, 100 e 1300 miglia. Nel 1996 si è svolta la 2700 Mile Race, antenata della 3100 iniziata l’anno successivo.
Sri Chinmoy (1931-2007) era un insegnante spirituale, atleta, artista, musicista, poeta e umanitario. La sua enfasi sull’autotrascendenza e sul trionfo dello spirito umano fornì l’ispirazione che ha alimentato questa gara sin dal suo inizio.
Intervistato da Sports Illustrated nel 1990, il leggendario ultrarunner Yiannis Kouros dichiarò: “Senza Sri Chinmoy avremmo poche gare e poco futuro. È stato l’ancora di salvezza di questo sport”.
L’aspetto dell’autotrascendenza è particolarmente importante nell’ultrarunning. Nella nostra esperienza di corridori arriva un punto in una gara in cui la propria prestanza fisica ha raggiunto il limite. Per continuare, il corridore deve fare affidamento sulla determinazione interiore, per attingere all’infinito potere spirituale che è dentro tutti noi, che Sri Chinmoy chiama l’anima, il rappresentante dell’Essere Divino supremo.
La gara
Come abbiamo detto il percorso della Self-Transcendence è lungo 3.100 miglia (4.989 km). I corridori percorrono 5.649 giri dell’isolato del Queens – dalla 164a piazza ad Abigail Adams (84a) Avenue alla 168a strada fino alla Grand Central Parkway, una distanza di 0,5488 miglia (883 m).
Durante la gara le strade ovviamente sono aperte al traffico e i corridori hanno 52 giorni per completare la distanza, correndo dalle 6:00 di mattina a mezzanotte, una media di 59,62 miglia (95,95 km) ogni giorno.
Abbondanti pasti vegetariani e spuntini vengono preparati durante il giorno e serviti ai partecipanti. Ogni corridore ha a disposizione uno spazio in camper per le pause di riposo. La leggendaria attenzione ai dettagli del Marathon Team significa che ogni runner ha i servizi di cui ha bisogno, tra cui un ambiente pulito e sicuro e molti liquidi per rimanere idratati.
La corsa è incredibile e porta con sé tutta una serie di considerazioni sul perché corriamo. Su una visione che può essere distorta dello sport, focalizzazione lacerante di un processo che dovrebbe portare il corpo umano alla perfezione e, invece, visto da fuori, qui è distruzione.
Ma quante volte ce lo siamo sentiti dire che “fare tutte quelle maratone ti può far male“? Chi ce lo dice non corre, non pensa alla corsa, non sa com’è correre anche solo 10 km.
Punti di vista, le cose cambiano a seconda del punto di vista. Come quando sali su un punto alto della città e tutto ti sembra diverso eppure, lì sotto, c’è casa tua; ciò che è cambiata è la distanza da casa.
Ultima considerazione sui premi, che la dicono lunga sul perchè corriamo: in palio alla Self-Transcendence 3100 miglia ci sono in genere una maglietta, un DVD o un piccolo trofeo.
Correre in fondo è sempre un passo dopo l’altro.