Tommaso con il latte tra le mani, pensa che vorrebbe tornare all’amore nell’abitacolo. Di quando la pienezza era in ogni sistema del suo sentire, di quando incrociare gli occhi di Irene sembravano l’unica certezza da cercare, finalmente raggiunta. Sembra passato un secolo dal viaggio di ritorno dal lago d’Orta.
Vorrebbe incuriosirsi di quel che deve raccontargli Irene ma si sente già in colpa per coprire da nemmeno mezz’ora Victoria, la sua follia di presentarsi a casa sua con Isacco, l’imposizione di non farne parola con nessuno, imposizione figlia di una complicità che non esiste più.
Eppure ha l’istinto di fermarsi a prenderle due pezzi di pizza da Spontini, prosciutto e funghi ( i gusti saranno gli stessi di due anni fa? ), una Coca Zero ( i ricordi di quando si era una cosa sola, le abitudini che non finiscono mai, che vanno oltre i legami tra le persone) e una bottiglietta di acqua naturale per il post pizza ( la Coca durante la pizza, l’acqua subito dopo ).
Torna a casa buttando un occhio alla Vittoria Alata, cercando un appoggio in qualcosa di eterno e di bello, entra a casa e vede una scena vissuta altre cento volte: Victoria che dorme, bella e stanca, come se esser così belli portasse la necessità di un riposo per gli occhi, per le ossa, per le labbra, per gli zigomi, per il mento, per la fronte.
Un riposo per il naso e per il collo, per le spalle. Per ogni parte del suo corpo.
Alla sua destra Isacco si è svegliato e si guarda intorno. Tomaso gli si avvicina e Isacco gli sferra un sorriso. Tomaso ricambia, Isacco sposta la testa verso destra, cambia espressione ed inizia a frignare e arriva dritto al pianto. Tomaso scuote Victoria che scatta in piedi, di soprassalto:
-Ehi, scusa, mi ero addormentata. Hai preso il latte?
Bertrando apre la porta e vede Irene accompagnata da Sveva.
-Salve. Prego…
-Ciao, sono Sveva.
-Bertrando.
-Ha bisogno di riposare un po’ e… mi sono permessa. Non…
-Ma certo, entrate,
-Sveva, vai pure di là, la camera che sto occupando io ha un letto…
-La camera che stai occupando tu… Irene, quante storie. E’ la tua stanza, al momento.
-Ok, nella mia stanza.
-Posso andare?
-Vai, vai.
Sveva si allontana precipitosamente dal grande open space che funge da atrio ed esce dal campo visivo degli altri due. Ha questo modo di occupare ogni spazio come se lo conoscesse a memoria, pur barcollante e incerta com’è oggi.
-Bertrando, perdonami, ti devo alcune spiegazioni. Avevo provato a chiamarti ma…
-Ma ho staccato tutto.
-Infatti, Avevo immaginato. Lei è una ragazza che ha bisogno di aiuto, ha abbandonato un bambino per riconquistare il suo uomo, è una storia brutta. Una storia triste. Non sapevo davvero come poter fare a…
-Irene, non devi dirmi nulla. Davvero. Ho capito. Per me va bene così.
Si abbracciano.
-Ho visto la conferenza stampa, o meglio, Tomaso l’ha vista per me perché avevo questo problema di Sveva. Non so perché mi sia fatta prendere così tanto. Ho visto il dolore e tante volte dal dolore sono fuggita. Ho sempre resistito all’istinto di aiutare gli altri. Stavolta ho detto no. Non posso resistere un’altra volta.
-Vuol dire che stai crescendo. Che stai diventando una donna a modo.
Irene ride e riprende l’abbraccio. Ha il cuore pieno e le emozioni la stanno divorando, sembra affamata di vita ma al tempo stesso continua a sfamarsi, ad esser sazia, poi di nuovo a sfamarsi e ad esser sempre più sazia.
-Cosa ti ha detto Tomaso?
-Non gliel’ho ancora detto. E’ successo tutto così in fretta.
-E della conferenza stampa? Se così si può chiamare…
-Beh, cose prevedibili. La fuga di Victoria correlata al tuo gesto di lasciare il festival.
-Chiaro. Non so proprio cosa possa passare nella testa di quella ragazza.
-Mi sembra un po’ vittima del personaggio.
-Molto vittima del personaggio. Troppo. E il problema è che il personaggio non esiste proprio, non ha anima. Non ha alcuno spessore. Nemmeno quando canta. E infatti vive come canta. Male.
Irene ride di nuovo.
-Sveva riposa. E tu, invece? Quando ti deciderai a farlo? Hai l’aria sbattutissima. Datti una calmata che altrimenti qui… la casa sarà pronta per i miei 90 anni, altroché 70!
-Hai ragione. Sono proprio scema. Non ho mai perso così tanto tempo in vita mia.
-Forse non hai mai incontrato così tanta vita in vita tua come negli ultimi giorni. Tolto Sanremo, avrò molto più tempo per starti dietro e farti rigare dritta, non preoccuparti.
-Hai ragione.
-Vorrei un tuo parere…
-Su cosa?
-Ho fatto male a ritirarmi? Dicono tutti di sì. Per questo ho spento tutto.
-Hai fatto benissimo, invece. E’ quel che senti, è una mossa azzardata ma che tiene conto, razionalmente, di tutte le carte in gioco, mi pare.
-Sei troppo buona.
-No, davvero, te lo direi. Non sarei utile se fossi troppo buona.
Si guardano infinitamente bene. Poi lui spezza lo sguardo con una risata.
-Ma quanto stai cambiando? Milano ti fa male… ahahahahahah….
Irene sorride e non aggiunge altro. Corre a vedere se Sveva si è addormentata.
Elvio Calderoni