Irene acquista in una bottega antiquaria di Brera la tela adatta al quadro: dimensioni ridotte e un particolare connubio di materiali, i più adatti per la pittura ad olio che ha intenzione di utilizzare.
L’ha trovata subito e mentre percorre, nel primo pomeriggio, le vie di Brera per la prima volta, si sente a casa sua ancora di più. Uscire dal quadrilatero del silenzio ed affrontare il rumore del resto della città l’ha sorpresa positivamente: Milano non è ferraglia e caos, folla e confusione, ma quartieri che trovano ognuno una sua specifica identità, un suo ritmo e un suo colore.
Passa davanti all’Accademia, intravede il monumento a Napoleone, tre ragazzi che ripassano su appunti scritti a mano, fogli sparsi, qualcuno caduto, qualcuno bagnato, le differenze tra Le Corbusier e Frank Lloyd Wright, circondati da fumo, zaini, libri, sguardi, timori e curiosità. Li guarda con una tenerezza che trattiene tutto il positivo che da giorni la invade.
La voglia di rendere felice Tomaso che si espande e cerca di passeggiare nel mondo diventando una sorta di portatrice di felicità ( quanto sto cambiando? Quanto mi sta facendo bene Tomaso? Quanto sto partendo? E se stessi idealizzando? ). Di ricercatrice di emozioni positive, da condividere, da conservare, da abbracciare.
Georgia Joanna è stordita come un unico volatile sfuggito per miracolo ad una tremenda battuta di caccia. Attorno gli spari del cuore, i colpi del mondo esterno, le direzioni dell’anima e quelle della realtà.
Il giorno più bello da quando è stato creato il mondo e, ugualmente, quello più difficile, pieno di sensi di colpa, di sensazioni orribili, mai provate prima.
Le lenzuola stropicciate da Victoria, i suoi abiti colorati, le mille scarpe ancora sul pavimento, che fanno da teatro, da quinta, da platea, al loro amore fragile, al loro amore neonato, nel momento sbagliato, nel modo più sbagliato, quello che impedisce che il resto del mondo possa partecipare attivamente e serenamente a questo amore affamato, magro, ansioso di crescere e di darsi una struttura.
I pensieri nei minuti dispari sono gli stessi che l’hanno già allontanata da Cristiano più volte: il tradimento, l’impossibilità della felicità, dell’appartenenza, della sincerità, ( non era tutto, la sincerità, fino a qualche minuto fa? ) il crudo della situazione assurda, questa stanza d’albergo, la mancata solidarietà femminile, l’usurpazione.
I pensieri nei minuti pari, invece, parlano di eternità. Di felicità eterna. Di sensi appagati dalla mente prima che dal corpo. Di un uomo che non sembra vero per quanto riesca a contenere tutte le qualità possibili di un uomo. Di un amore neonato che ti sorprende ad ogni angolo per la naturalezza, per la necessità, per l’impossibilità di non viverlo. Talmente forte da far diventare uno sfondo amaro, ma pur sempre uno sfondo, un posto sbagliato come questo.
Ha ottenuto, Georgia Joanna, almeno questo, di non finire nel letto di Victoria. Non è stato difficile, Cristiano ha capito subito e l’ha fatta rilassare su uno dei due divani bianchi dello spazio antistante il letto, una sorta di salottino bianco ( anche se il bianco è quasi sotterrato dagli abiti di Victoria, adagiati sulle sedute, con tanto di cartellini: prima serata, prove, seconda serata, prove duetto, serata finale.
Abiti che non indosserà nessuno, a quanto pare.
Impossibile non seguire dal web l’eco della questione: la reazione di Bertrando che rimbalza ovunque e che viene commentata, ancora una volta, come una mossa pubblicitaria. Titoli inutili quanto fuorvianti:
molto rumore per nulla, a quando l’annuncio del ritorno in gara del duo Berna-Danse?
Chi ha paura di Victoria Danse?
Il silenzio di Bertrando Berna interrotto. Le ricerce della Danse proseguono senza sosta.
La Danse non si trova: astuta mossa pubblicitaria o rapimento?
E mentre la Danse scompare, Berna sputa fuoco su tutti: cosa non si fa per vincere un festival.
L’ombra di Marko Taglia su Sanremo:”questo festival non s’ha da fare. Perlomeno non col mio brano”. Una medium asserisce di aver parlato con l’aldilà.
Danse e Berna fuori dalla gara. Il brano verrà recuperato da qualcuno?
Cristiano sente un dolore alla pancia che lo scuote. Ha appena passato le due ore più belle della sua vita con una donna. Non ha alcuna intenzione di considerarla una donna, se non accanto all’aggettivo “mia”.
Mia perché non potrà essere felice così tra le braccia di nessun’altra.
Mia perché gli occhi, questi occhi, non hanno alcuna paura di presentarsi come un ponte con l’anima. Ne sono il risultato visibile. Limpido.
Mia perché una donna che si mette in gioco così totalmente, con tutti questi contrasti, con valori così diversi da quelli che l’hanno sempre animata, passa una sola volta.
Mia perché mi ama, riesce ad amarmi anche nella camera d’albergo di mia moglie, con l’hotel assediato – sentivamo i fans, sentivamo i flash dei fotografi mentre facevamo l’amore – che sembra un occhio di bue sul nostro tradimento. Sul nostro immenso.
Mia perché nessuna donna mi fa venire voglia di proteggerla così tanto.
Mia perché non era nei piani. E ha sconvolto quelli che c’erano già. E continua a sconvolgere anche i piani sconvolti.
Mia perché mi devasta quando devo pensare a Victoria per ovvi motivi. Quando mi devo concentrare cinque minuti su come posso muovermi, su cosa vorrei fare, su dove vorrei essere.
Mia perché riesco ad avere una forza enorme nonostante questo dolore alla pancia, adesso. Che è un’ovvia conseguenza di questa doppiezza che non sopporto. Perché Georgia Joanna ha in sé i crismi dell’unicità e non merita un uomo sposato, un uomo indaffarato, circondato dalla polizia e dai media, dai fans, alle prese con una moglie scomparsa e nessuna pista possibile. Una donna che fin qui ha fatto dell’apparire, della presenza, la sua arma e che improvvisamente sceglie di non apparire più. Senza avvisare nessuno. Scomparsa.
Scomparsa anche dal mio cuore.
Completamente.
Diventata un fastidio sottile, qualcosa che non tocca le fibre, non mette in crisi la linfa dei sistemi vitali. Una spinetta.
Cristiano è invaso da questi pensieri mentre affonda la faccia sul cuscino, Georgia Joanna è sparita dal suo campo visivo da dieci minuti ma ne sente i rumori, provocati dai movimenti. Misuratissimi, in punta di piedi, colpevoli. Sente la sua colpevolezza ad ogni passo e vorrebbe togliergliela di botto, urlarle in faccia che non si ha alcuna colpa quando si ama così tanto, e così bene, e così insieme.
Non lo fa. Non può farlo. Il mal di pancia lo costringe a mettere un cuscino tra lui e il lenzuolo, a pancia sotto.
Elvio Calderoni