All’inizio della quarantena ho fatto un corposo ordine di libri che mi è stato recapitato regolarmente dopo pochi giorni. Romanzi, saggi, testi per la formazione.
Non solo perché mi piace leggere, ma anche perché questo tempo va usato…non fatto passare e basta.
Pesco a caso e inizio a leggere Capolavori di Mauro Berruto, ex Commissario Tecnico della nazionale maschile italiana di pallavolo vincitrice, tra le tante competizioni internazionali, della medaglia di bronzo alle Olimpiadi di Londra nel 2012; ex amministratore delegato della Scuola Holden di Torino (sì, perché lui è laureato in filosofia!) ed attuale Direttore Tecnico delle squadre nazionali olimpiche di tiro con l’arco.
Cattura la mia attenzione un paragrafo intitolato Fragile, resiliente, antifragile.
Concetti che in psicologia dello sport sono studiati e approfonditi da anni, che conosco e ho studiato…ma, di nuovo, mi sembra che quel capitolo sia scritto proprio per me, per tutti noi che ci troviamo a vivere questo periodo di emergenza pandemica. Me lo sento cucito addosso.
Berruto racconta come il concetto di resilienza sia stato superato da quello di antifragilità, codificato da Nassim Nicholas Taleb.
La resilienza, la capacità per i sistemi umani di superare grandi difficoltà senza farsi intaccare e restando sempre uguali a se stessi, può essere paragonata all’araba fenice, uccello mitologico capace di rinascere dalle proprie ceneri ritornando ad essere ESATTAMENTE ciò che era prima della morte.
L’antifragilità va oltre, è la capacità di trarre un vantaggio dal superamento delle difficoltà incontrate “ogni ostacolo diventa un motivo di apprendimento e migliora l’efficacia. Ogni soluzione porta ricchezza, come se si raffinasse un software che permette di essere sempre più capaci di esprimere performance di eccellenza”. La metafora non è quindi l’araba fenice ma l’Idra, leggendario mostro della mitologia greca, che ha come caratteristica che ogni volta che una delle sue teste viene mozzata, dal moncherino ne rinascono due.
La domanda che Berruto si fa è: l’antifragilità è allenabile?
La risposta è sì e forse è proprio questa situazione di emergenza che, se usiamo i giusti strumenti, ci darà l’opportunità di allenare la nostra antifragilità.
Perché uno non è antifragile di natura non ci si nasce ma lo può diventare; non basta sperare che andrà tutto bene, dire che ne usciremo rinnovati e diversi…così…senza fare nulla.
Lo saremo se ci alleneremo nella nostra antifragilità, lo saremo se useremo questa quarantena come periodo e strumento di allenamento viverla e lasciare solo che passi ci farà uscire da essa più o meno come ci siamo entrati, forse con pensieri e buoni propositi di essere diversi, ma se non ci alleniamo ad esserlo…non lo saremo.
Quindi come si allena l’antifragilità?
Ce ne porta un esempio Berruto.
E’ il 2012 e l’Italvolley deve affrontare il girone di qualificazione olimpica a Sofia con i bulgari appunto, la Germania e la Serbia.
Gli arbitri sono internazionali, ma i guardalinee arrivano dalla federazione locale. Berruto ascolta i suoi giocatori e sente che c’è una sorta di tormentone…
“lo sappiamo: se andremo in finale con la Bulgaria aspettiamoci di sicuro uno, due, tre punti rubati dai guardalinee, soprattutto nei momenti decisivi”.
La squadra pensa più a questo che a preparare il match…Berruto è preoccupato e chiede aiuto a Giuseppe Vercelli, noto psicologo dello sport e della prestazione. Insieme mettono in campo una strategia, che chiamano allenamento all’ingiustizia.
Senza coinvolgere nessuno dello staff preparano esercizi a obiettivo difficilissimi che non possono essere realizzati perché lui fischierà palle fuori o falli di posizione inesistenti. Il livello di tensione è altissimo. A fine allenamento, in fase di debriefing spiega:
“Non crederete mica che sono impazzito? Da quando siamo qui non parlate di altro che di questo tipo di situazione, quella che siete convinti troveremo in Bulgaria. Non state sperando che non succeda, voi siete certi che succederà! E allora, se siete certi che succederà è inutile pensare a cosa fare affinché non succeda. L’unica cosa che potete fare è decidere quello che farete quando succederà! Siete certi che subirete un’ingiustizia? Bene, oggi abbiamo allenato la nostra capacità a reagire all’ingiustizia”.
Ecco, a lui è venuta questa idea per lavorare sull’antifragilità dei suoi atleti…e a voi?
Cosa viene in mente per lavorare sulla vostra?
Non ci sono formule o pacchetti standard che possono essere dati dall’esterno, in questa situazione poi dobbiamo diventare allenatori di noi stessi, guardarci dentro, capire se abbiamo un ‘tormentone’ e mettere in campo una strategia per sapere cosa fare quando questo arriva, non per fare in modo di evitarlo…perché quasi sempre non è un’operazione praticabile.
- Possiamo evitare la pandemia? No
- Possiamo evitare la quarantena e l’isolamento? No
- Possiamo evitare che ci tormentino i problemi connessi al blocco delle attività economiche? No
- Possiamo evitare di fare i conti con le nostre fatiche emotive pregresse e attuali? No
Ma è possibile decidere cosa fare quando ci ritroviamo in queste condizioni.
Non sempre avremo un allenatore o uno psicologo dello sport che ci penseranno per noi, oggi più che mai quindi per usare il tempo e non farlo passare in attesa che tutto finisca ci dobbiamo pensare noi.
Fate una lista, un elenco di cose che possono andare a costruire la vostra antifragilità o a potenziarla ed allenatevi.
Come saremo dopo dipende da come usiamo e gestiamo questo tempo sospeso e dilatato dall’isolamento e dalla paura.
Cecilia Somigli
cecilia.somigli @ gmail.com
https://roma.psicologidellosport.it/
RIFERIMENTI BIBLIOGRAFICI
Capolavori. Allenare, allenarsi, guardare altrove di Mauro Berruto, Addeditore, 2019.
Antifragile. Prosperare nel disordine di Nassim Nichilas Taleb, Il Saggiatore, 2013.