Questo articolo è dedicato a Valerio Piccioni, l’uomo che da 24 anni ci fa essere tutti Miguelisti tra le strade di Roma.
Organizzare una gara come la Corsa di Miguel è ogni anno sempre più complicato, prima di tutto perché il popolo di Miguel è in continua crescita, poi perché Roma da sempre non è facile per nessuno, sia se corri, sia se fai correre.
In mezzo a questa baraonda di mutamenti e di ciclicità del running, c’è un uomo che dal 2000, una domenica di gennaio, ci riporta con i piedi per terra, ripone in un cassetto la sacralità del podismo e fa sì che lo sport diventi un veicolo di cultura e rispetto.
Mi rivolgo ai neo runner, a coloro che domenica hanno corso la loro prima Miguel.
Se eravate a fare riscaldamento in zona partenza, lo avrete sicuramente visto. Era all’ingresso dello Stadio dei Marmi, con uno zainetto e il megafono da cui dava le informazioni per ogni aspetto pratico in vista dello start. Lo faceva con tutta la calma del mondo, come se fosse un volontario messo lì dall’organizzazione, quando invece l’organizzazione era lui.
Valerio Piccioni ha portato a Roma la storia di Miguel Sanchez e vederlo in mezzo alla folla, con il megafono in mano, in un gesto ormai rituale a tratti scaramantico, ha un effetto evocativo di speranze di pace per tutti.
Lo fa da sempre, da quando nel 2000, alla prima Miguel, davanti al Paolo Rosi, in 700 partimmo per il “giro dei ponti”.
Ieri, con 10.000 runner intorno, senza mai perdere il sorriso e la voglia di farci correre bene, non smetteva di indicarci dove andare, cosa fare e dove avremmo corso e il bello che lo faceva con un’aria serena, felice, di chi stava vivendo il suo giorno più bello.
Come un professore di educazione fisica del liceo che ti porta a una gara al parco sotto casa, a Valerio non interessa delle generazioni che gli sono passate davanti, perché in questi 25 anni siamo stati, per un giorno, tutti suoi alunni, convocati al fine di ricordare di cosa è fatta la corsa e per chi stavamo correndo.
Valerio è un uomo pacato nei modi, cordiale anche in mezzo alle mille incombenze di una gara che muove un mondo intero. Come lavora lo percepisci nello spirito di questo evento. Con il suo approccio, mai scontroso, sempre disponibile anche al telefono dove ti risponde, perfino a 3 giorni dal via.
Ci sono organizzazioni che sono crollate emotivamente per molto meno. Invece lui non molla e dai suoi articoli sulla Gazzetta e da quel megafono, tenuto orgogliosamente come una torcia olimpica, si comprende la sua capacità di essere dove il tempo lo segnano i campioni e la storia.
Da attento osservatore di una società in continua mutazione, ha anticipato i cambiamenti, gli scatti del nostro paese, più di un centometrista, più di un ragazzo di 20 anni, e il tutto senza mai perdere quel piglio da prof di provincia,
Perché diciamola tutta, se avete sentito almeno una volta Valerio raccontare delle gesta di Miguel ti rendi conto che lui è il professore di italiano o di storia che tutti avremmo voluto avere.
Per il fatto che se da 25 anni ci fa innamorare di una vicenda di sport, è segno che la passione che lo guida è lo strumento più bello grazie al quale, anche lo studente più distratto, capisce e apprende la sua lezione.
Grazie Valerio per la tua lectio magistralis, monito e stimolo per ognuno di noi, consapevoli che un piccolo atleta, da un paese lontano, con la forza di un gigante, ha vergato nel tempo la lotta contro le dittature a costo della vita.
Grazie Miguel per renderci partecipi di un messaggio che nel 2024, con la guerra dietro casa, serve a comprendere che su questa terra siamo in tanti a voler essere come te, almeno per un giorno e forse più…