Un tema in classe su BERLINO 1936, per una storia di fratellanza e rispetto oltre la guerra

Questo contributo è statto scritto da Giulia e Sofia, due studentesse del 5 anno di un liceo classico romano.

Il loro compito era quello di raccontare, attraverso una vicenda legata alle OLIMPIADI, i concetti universali di rispetto e fratellanza insiti nello sport.

L’elaborato narra la vicenda accaduta nell’edizione dei giochi Olimpici di Berlino del 1936 in cui vi fu il bellissimo rapporto d’amicizia tra il tedesco Luz Long e l’americano Jesse owens.

OLIMPIADI DI BERLINO 1936: una storia d’amicizia oltre la guerra

Il 13 maggio del 1931, il Comitato Olimpico Internazionale (CIO) decise che la Germania avrebbe ospitato l’undicesima edizione dei Giochi Olimpici.

Nel 1931 la Germania era una repubblica democratica, ma quando nel ‘33 Adolf Hitler salì al potere, molte nazioni chiesero che venisse cambiato il Paese ospitante. Il CIO rifiutò la richiesta. Inizialmente il Führer stesso non era ben disposto nei confronti della manifestazione, ma il ministro della propaganda Hermann Wilhelm Göring lo convinse che sarebbe stata una buona occasione per fare sfoggio della rinnovata grandezza della Germania sotto il regime nazista.

Hitler non solo accettò, ma non badò a spese nell’organizzazione del grande evento: fece costruire nuovi impianti e strutture all’avanguardia, come l’Olympiastadion, incaricò la regista Leni Riefenstahl di fissare su pellicola lo storico avvenimento.

Quella del 1936 fu un’edizione innovativa rispetto alle precedenti, non solo poiché fu la prima ad essere ripresa quasi interamente, ma anche perché vennero inserite le novità del canottaggio, della pallamano, della pallacanestro e del baseball.

Trionfò la Germania, vantando ben 89 medaglie, davanti agli Stati Uniti che ne vinsero 56.

Il successo tedesco fu dovuto soprattutto al fatto che agli atleti venne concesso il cosiddetto ‘dilettantismo di Stato’, grazie al quale potevano allenarsi a tempo pieno senza preoccupazioni economiche.

Il Comitato Olimpico tedesco, assecondando la dittatura nazista, impedì agli atleti tedeschi ebrei di partecipare ai Giochi, e in seguito a questa decisione le atlete austriache ebree protestarono, non prendendo parte alle competizioni.

Jesse Owens

Uno degli episodi che ha segnato la storia dello sport in questa edizione dei Giochi Olimpici fu la vicenda di Jesse Owens, l’atleta statunitense che vinse ben quattro medaglie d’oro nell’atletica leggera.

Trionfò sui 100 e 200m piani, nella staffetta 4x100m e nel salto in lungo, il cui primato, 8,13m, rimase imbattuto per 25 anni.

Il record delle quattro medaglie d’oro in una sola Olimpiade fu eguagliato soltanto nei Giochi Olimpici di Los Angeles del 1984 dal suo connazionale Carl Lewis.

Nella vittoria di Owens nel salto in lungo, in cui sconfisse il tedesco Luz Long, si disse che il Füher indispettito uscì dallo stadio per non stringere la mano al vincitore afroamericano.

Queste voci vennero però smentite da Owens stesso, che nella sua autobiografia The Jesse Owens story dichiarò che Hitler dalle tribune lo guardò e gli fece un cenno di saluto, che Jesse ricambiò.

L’accoglienza che Jesse ricevette dai suoi connazionali una volta rientrato negli Stati Uniti, dove era ancora presente la segregazione razziale, fu ben diversa. Owens, infatti, disse che il comportamento di Hitler, che gli inviò in regalo un suo ritratto firmato, fu certamente migliore di quello del presidente americano Roosevelt, che non lo invitò alla Casa Bianca e non gli fece neppure una telefonata di congratulazioni.

In numerose interviste, Owens dichiarò di esser stato trattato meglio nella Germania nazista, dove gli era stato concesso di dormire insieme agli altri atleti e di stringere le mani a numerose celebrità, che nel suo Paese, dove una volta rientrato non gli veniva neppure consentito di sedersi nella parte anteriore dell’autobus, riservata ai bianchi.

Ignorato da Roosevelt e dal suo successore Truman, il primo vero riconoscimento per i suoi successi sportivi gli fu dato dal presidente Gerald Ford, che nel 1976 gli assegnò la Medaglia per la Libertà, il più alto riconoscimento civile degli Stati Uniti.

Se è vero che lo sport è lo specchio della vita, noi giovani dovremmo prendere esempio dalle vicende di atleti che hanno rispettato le regole e che hanno mostrato solidarietà e fratellanza, proprio come Jesse Owens e il suo avversario Luz Long, che si sostennero a vicenda per tutta la durata dei giochi.

Lo sport è un linguaggio universale di rispetto e fratellanza, ormai accertato ma non così scontato nella Germania degli anni ’30.

Essendo lo sport una parte molto importante della vita di entrambe fin da quando eravamo piccole, abbiamo imparato ad affrontare situazioni difficili e a lavorare duramente per il raggiungimento degli obiettivi prefissati.

Inoltre, lo sport ci ha aiutate a crescere come persone, e riteniamo che questo sia il ruolo che dovrebbe occupare nella società contemporanea, perché la fatica, l’allenamento e la collaborazione vincano sulla competizione scorretta, l’aggressività e il risultato a qualunque costo.

Lo sport è amicizia, è viaggiare, è determinazione, è rispetto, è fatica, è sognare e per questo lo amiamo e non permetteremo mai, per quello che potremo, che venga inquinato da messaggi sbagliati che non gli appartengono.

SOFIA TERRINONI, GIULIA RAFFAELLI  (5-BC LICEO ARISTOFANE – ROMA)

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