Tutto quello che non dovrebbe pensare un runner

Avevo avuto il vago sentore di una certa apatia podistica già dal sabato precedente, quando avevo iniziato a cercare alleati per l’allenamento del giorno dopo.

“Domani, cascasse il cielo, arrivo di corsa al COLOSSEO e ritorno”.

Gli amici erano già tutti a riposo, sicuri e motivati, con le loro gambe colme di acido lattico e la testa satura di endorfine prodotte il giorno precedente.

Il dovere va fatto senza aspettare, solo così diventa piacere“…mi disse una notte di luna piena lo scrittore e maratoneta Haruki Murakami, apparso in sogno.

In cuor mio so come sono fatto, se non mi convinco da solo non corro neppure se sapessi che mi aspetta sotto casa MICHELLE JENNEKE con tanto di balletto alla partenza.

Infatti, nonostante la sveglia alle 6:00, grazie alla quale avrei avuto tutto il tempo del mondo, ho atteso che passasse un minuto dopo l’altro, vagliando le incombenze che si stavano frapponendo tra me e la strada.

– “il cielo non mi piace“, smettila hai corso pure sotto le tormente.

– “devo chiudere i pezzi per il giornale“, li hai già finiti ieri rimbambito.

– “ma ti dirò, ho corso tutta la settimana…“, ma che dici? lo sai che la domenica per i runner è sacra.

– “devo sistemare la cantina…“, ahahaha, sei patetico.

Finita la lista, come ho fatto non si sa, alle 7:30 ero in strada.

Temperatura perfetta, zero traffico, cielo leggermente coperto. Insomma condizioni ideali per non avere scuse.

Ma noi podisti siamo la peggio razza per non faticare e di conseguenza, anche mentre corriamo, pensiamo a come non faticare.

“…In fondo 18 km a che ti servono? Non hai gare da qui al 2067”.

Stupido bugiardo, lo sai quanto stai bene dopo.

Ad ogni curva vedi solo o gente che va più piano di te ma che non si ferma manco se la leghi, o segaligni da 3’30” a km che ti farebbero cambiare sport all’istante.

Nel frattempo, invece dei chilometri percorsi, pensi solo ai tavolini dei bar, perfetti accoglienti e invitanti per sedersi e riflettere sul futuro. Hai 50 anni non cento, muovi il culo.

Ti fai fiaccare il passo e la motivazione anche dalle vie dove hai sofferto le peggio maratone. Pippa che non sei altro.

Infine, davanti a te ci sono solo monumenti, palazzi e opere d’arte e, a corollario del tutto, c’è la tua testa di rapa che non sei altro a chiudere il cerchio del fancazzismo podistico.

Come hai fatto non si sa, ma ecco che inizi a passare in rassegna lo scibile umano sulle corse passate, effetto dopante fatto in casa.

Indomito e strafottente avanzi, contro ogni legge della fisica; contro ogni parametro cardiologico pompi sangue e imprecazioni fino al punto di non ritorno.

Vai esattamente in quell’angolo della mente che si prende cura di te, ti fa fare pace con la fatica e ti ricorda che lo scorso anno, in pieno lockdown, avresti venduto un mignolo pur di poter correre davanti al Colosseo.

La tua terza fase del distanziamento podistico è terminata. Sei arrivato sotto l’arco di Costantino senza neanche capire come.

Tutte le maratone corse e le gare in giro per il mondo non basteranno mai a farti capire che ogni giorno di corsa è diverso dal precedente e va vissuto per quello che è.

Rispettalo e assecondati ma senza darti troppo ascolto. La fatica più grande è superare i limiti mentali, al resto ci pensa la voglia di volersi bene per ogni chilometro in più portato a casa ma sempre con dignità e amor proprio.