Tre chilometri e basta, in Portogallo

Perché abbia messo quelle vecchie Cumulus in valigia davvero non lo so. So che questa mattina, come se fosse il mio gesto più naturale, le ho messe ai piedi ed ho fatto le scale per scendere dal mio appartamento al terzo piano.

Era già alto il sole, erano le nove meno dieci del Portogallo; faceva un gran caldo.

Ho preso la salita, perché la discesa mi faceva paura. In un attimo il cervello è sceso alle ginocchia ad assicurarsi che davvero volevano farlo. Non hanno risposto; hanno cominciato lentamente, con una camminata veloce.

Il fiato spingeva, ce la possiamo fare, diceva. Le gambe esortavano prudenza. I piedi contemplavano con nostalgia l’asfalto; accarezzavano quelle scarpette strappate.

Il cuore sentiva che sarebbe stato difficile smettere.

Il cervello tornato alla sua dimora sapeva che non poteva lasciare il comando.

Sei qui per lavorare, diceva. Un infortunio non è possibile.

Il cuore non voleva dargli retta. Le ginocchia reggevano il gioco all’uno e l’altro senza decidere da quale parte stare.

Fermati, rallenta, cammina diceva la ragione.

Tre chilometri e basta rispose il cuore.

Monica