Secondo la ricerca condotta dall’istituto Piepoli per conto della Fidal, su un campione rappresentativo della popolazione italiana di 1509 intervistati, dai 18 anni in su, il 59% è un runner. Tempi e modi sono diversi ma di fatto corrono con una certa regolarità.
E fino a qui ci siamo. Poi hanno chiesto cosa desiderano dalla città ideale per fare sport, come sarebbe la loro sport city?
Quello che emerso non sono tanto le infrastrutture efficienti come i mezzi pubblici, perchè non dovremmo chiederle starete pensando, quanto avere luoghi in cui poter fare sport per ottenere il benessere fisico. Aree verdi dove praticare attività all’aria aperta e strutture ad esse dedicate.
Con questa analisi di partenza, venerdì 31 maggio presso il Salone d’Onore del CONI , si è tenuta la seconda edizione del convegno Runeconomy: idee e studi sul running.
Un momento per riflettere sul futuro insieme a imprenditori, amministratori ed esperti.
E ok, però mi manca un pezzo, grandissimo, enorme che muove tutto il sistema ed è quello dell’associativismo, delle asd, dei gruppi sportivi in generale, dei movimenti spontanei, delle tantissime gare e organizzatori sempre più imbrigliati in decine di regole e cavilli.
In sala c’era qualche presidente di una squadra grande o piccola, almeno di Roma? Sarebbero dovuti stare in prima fila visto il lavoro enorme che fanno.
Da tempo si percepisce lo scollamento tra la base e i vertici del podismo nazionale.
La cosa certa è che siamo una popolazione di runners consapevoli, che abbiamo una buona cultura sportiva anche se non sembra. Ci informiamo, siamo tattici ed esigenti da tutto in primis da chi governa il podismo in italia.
La Fidal con la runcard ha fatto leva sui nuovi runner, i delusi, i curiosi di un mondo che fa della condivisione la leva più potente.
Le squadre affiliate alla Fidal si sono trovate il nemico in casa che, con la creazione della Runcard, ha giocato un ruolo inverso rispetto alla mission che sta a fondamento delle associazioni sportive.
Perché se di condivisione dobbiamo parlare la vorremmo più in strada che su un app.
“Analizzare i dati per trovare una soluzione ad eventuali problemi, dati certi per scelte concrete, Rueeconomy vuole essere un ordinatore di fatti e di dati, creare un ordine, neccassario per capire come intervenire” ha sottolineato Alfio Giomi.
E fino a qui tutto bellissimo. Ha ragione Giomi ma basta a capire un movimento? viverlo ogni domenica in strada e sentire cosa reclama la pancia della corsa è necessario per trovare soluzioni e nuove idee.
I mezzi a disposizione per raccontare istantaneamente cosa facciamo sono importanti, ti fanno sentire parte di una community, ma non ci dimentichiamo che lo sport è forse una delle rare espressioni di partecipazione attiva alla vita del paese.
Correre oggi è un gesto non solo atletico, è anche una azione civica, che anima quartieri periferici e popola le vie delle nostre città in tante forme, non solo competitive.
Lo hanno capito i Presidenti delle società, gli organizzatori delle gare, lo ha capito anche la Fidal?
Possiamo sperare In una Federazione che curi gli interessi di tutti e non solo di legare i file di una runcard per fare business e partecipazione?
Speriamo, intanto ci vediamo sotto casa per correre con la miglior geolocalizzazione che abbiamo.
Buon passo a tutti
Marco Raffaelli