Running e body shaming

body shaming

“Siate orgogliose del vostro corpo e mostratelo”.

E’ recente la polemica partita dal palco della kermesse sanremese dove la cantante Emma Marrone è stata criticata per aver indossato delle calze a rete colpevoli di non valorizzare un fisico non propriamente esile secondo il giudizio del giornalista Davide Maggio.

Ringraziamo questo noto critico ed opinionista televisivo che ci permette di riprendere un argomento che a quanto pare non passa mai di moda e che è quello del “body shaming” applicato al nostro amato sport che è il running.

Che cos’è il “body shaming”: Il body shaming è l’atto di deridere/discriminare una persona per il suo aspetto fisico.

body shaming

Nel body shaming il carattere fisico viene colpito perché considerato non aderente ai canoni estetici della cultura in cui la vittima vive: non ha importanza che sia effettivamente anormale o dannoso per la salute, o semplicemente diverso dalla presunta “forma fisica perfetta”, né che la vittima abbia la possibilità di modificarlo o no.

Il canone estetico, spesso lontano dalle caratteristiche di un corpo umano comune o sano, è posto come normale e necessario per considerare una persona apprezzabile e degna di rispetto. (wikipedia).

Perché parlare di body shaming nell’atletica?

Perché vogliamo affrontare un argomento che molto spesso è un tabù.

Il desiderio che spesso ci spinge a praticare lo sport della corsa, ma il discorso vale per qualsiasi sport in generale, a volte non coincide nella pratica ad un fisico perfetto o scolpito.

Vuoi perché spesso si inizia a fare questo sport, proprio con la motivazione di rimettersi in forma. Vuoi che nella vita facciamo tutti un altro lavoro, fatto sta che spesso i nostri corpi non rispondono ai canoni estetici di grandi atleti come Jacobs, Tamberi o la Straneo.
Anzi.

Noi rivendichiamo il diritto e la voglia di correre con le nostre imperfezioni!
Vogliamo poter indossare il nostro completino senza vergogna seppur con qualche rotoletto da smaltire.

Ci appelliamo quindi all’occhio critico del nostro o della nostra compagna di squadra, spesso giudicante.

Vogliamo fare capire che anche quando non si è cosi aderenti ai canoni estetici presentati dai grandi atleti, il nostro desiderio è comunque quello di vestirci come pare ed andare a correre come ci piace seppur con le nostre imperfezioni.

Sia chiaro che il discorso del “body shaming” vale un po’ per tutti uomini e donne.

Così come per chi è più in carne, ma chi è troppo magro e spesso accusato di praticare lo sport solo ed unicamente come mezzo per smaltire calorie.

Ricordiamo l’appello che lanciò la campionessa Sara Dossena qualche anno fa, rispondendo a chi la accusava di essere troppo magra e di essere un esempio negativo per tutte le ragazze che praticano questo sport.

“Lo so che sono magra, sono una maratoneta, non una quattrocentista: macino chilometri tutti i giorni e mangio sano. È il mio lavoro. Ma darmi dell’anoressica offende chi combatte con i fantasmi dei disturbi alimentari”.

Vogliamo quindi che anche lo sport sia lo specchio di una società fondata sul rispetto sull’accettazione dell’altro. Che le critiche siano costruttive e non l’occasione per denigrare il prossimo.

Partiamo da qui ed indossiamo il nostro completo da running preferito unito al nostro sorriso migliore per fare ciò che amiamo di più, senza aver mai paura di sentirci giudicati per il nostro aspetto fisico perché la perfezione è solo uno stato mentale e non fisico!

sara dossena

Mamma, runner e scrittrice. Amo la fatica delle lunghe distanze nella corsa. Se siete a Roma mi trovate all’alba sul Lungotevere dove mi alleno nel fascino di questa città. Grazie alla corsa ho imparato a riconoscere e superare i miei limiti, ma su Storie Correnti parleremo soprattutto di voi!