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Roberto De Negro
Mesi senza gare podistiche, senza le nostre classiche sensazioni domenicali, senza i riti scaramantici nei gazebi, senza la tensione prima dello start, senza gli abbracci ed i sani sfottò dopo l’arrivo.
Poi mi viene proposto di partecipare ad una autentica follia e l’anno 2020 non poteva essere quello più giusto. Andrea Di Somma, presidente dell’Atletica la Sbarra, sta formando una squadra di 10 atleti (7 uomini e 3 ragazze) per partecipare alla prima edizione della “Resia Rosolina Relay”, ultramaratona a staffetta lunga ben 433 km che segue il percorso del fiume Adige dalla fonte di Resia sulle alpi al confine austriaco alla foce di Rosolina sul Mar Adriatico.
La prima delle 29 squadre è partita venerdì pomeriggio, ultima alle 4 del mattino e tutti siamo arrivati a Rosolina domenica mattina.
Nel mezzo due notti, 39 punti di cambio staffetta presidiati, 290 atleti che si sono susseguiti correndo ognuno praticamente una maratona suddivisa in quattro frazioni. Della mia squadra oltre al preparatissimo Andrea io conoscevo solo la super amica Peppa Randazzo, quel mattacchione di Vincenzo Russo e la freccia di Pomezia Fabrizio Spadaro.
Sarebbe impossibile descrivere 30 ore di gara, 50 ore senza sonno, cambi volanti in macchina, centinaia di messaggi e di vocali in chat, adrenalina in corpo, risate, scherzi, paure, voglia di ritirarsi, voglia di non mollare, il nostro arrivo, i nostri festeggiamenti.
Abbiamo praticamente corso in tutte le condizioni possibili: di notte al buio con luce frontale e la luna che rifletteva sul lago di Resia in mezzo a mucche e caprioli trentini con il solo rumore del vento, di giorno sotto il diluvio in mezzo a meleti e vigneti, di pomeriggio lungo interminabili chilometri di bellissime ciclabili, di sera nel centro storico di Verona affollato di gente, all’alba su sentieri sterrati e fangosi in mezzo al nulla della pianura padana, infine sulla spiaggia di Rosolina a mare.
Il momento più brutto? Io che alla seconda tappa sbaglio percorso e mi perdo di notte in mezzo al bosco. Sono tracciato con il GPS, so che arriveranno a prendermi ma intanto il tempo passa e fa freddo. Non ho paura e penso agli altri che sono preoccupati per me.
Quando finalmente vengo recuperato facciamo fatica a trattenere le lacrime. La corsa in montagna è anche questo. Il momento più bello? L’arrivo insieme alla nostra ultima frazionista, l’ultramaratoneta Serena Natolini. Ce l’abbiamo fatta nonostante nessuno di noi avesse un minimo di esperienza in gare del genere dove la capacità di recupero muscolare, riuscire a condividere lo spazio di due auto in dieci, a mangiare qualcosa al volo, a chiudere un occhio prima di ripartire, ecc.. contava molto di più della corsa vera e propria.
Ognuno di noi credo abbia vissuto esperienze uniche e irripetibili, più che un evento sportivo è stato un viaggio mentale che si divideva tra la solitudine della propria frazione alla condivisione delle emozioni con il resto della squadra nei trasferimenti in auto.
In tutte quelle ore ho pensato a quanto tempo viviamo nelle nostre zone di comfort, anche durante le nostre corse. Siamo tesserati per società podistiche organizzate, usufruiamo di comodi gazebo dove cambiarci al caldo, abbiamo amici runner con cui correre in compagnia, le strade di Roma ormai le conosciamo a memoria. In questa avventura è stato tutto ribaltato. Eravamo in dieci ma molti di noi non si conoscevano per nulla, il gazebo era una auto stipata di borsoni, nelle frazioni l’unico compagno era il fiume Adige, il percorso era totalmente sconosciuto.
In questo 2020 in cui a causa del Covid19 abbiamo tutti cambiato il nostro modo di vivere ci voleva proprio una manifestazione del genere.
Per sconfiggere le nostre paure, le nostre insicurezze, le nostre quotidiane frustrazioni, bisogna uscire dagli schemi, imporsi sfide, accrescere la propria consapevolezza, la fiducia negli altri, il proprio grado di resilienza.
Non siamo solo quello che sappiamo di essere ma anche tanto altro. L’uomo è come un iceberg, ognuno di noi vede solo la parte che emerge sul mare. Credo che con la Resia Rosolina Relay ognuno di noi ha scoperto qualcosa in più di se stesso.
Credetemi, non esistono droghe migliori.
Roberto De Negro
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Peppa Randazzo
Più che una esperienza sportiva quella di cui raccontiamo oggi è una vera esperienza di vita, di condivisione di spazi angusti senza sonno con poco cibo e tanta stanchezza addosso, ma nonostante tutto con un sorriso smagliante.
Oltre trenta ore di microsonni, wafer ingurgitati, risate, paura di andare soli di notte, paura vinta con immensa soddisfazione di tutti.
Il format americano vince anche in Italia quando ci sono dei matti disposti a mettersi in gioco per tutte queste ore in una vera sfida di resistenza fisica e mentale.
Personalmente corro tutte le estati in Trentino ma non corro ovviamente mai la notte, mai sulla riva del fiume e mai da sola nel silenzio assoluto.
Il percorso della staffetta in tutte le sue parti è stato emozionante e soprattutto considerato lo svolgimento così ampio lungo le 35 ore posso dire che lo è stato per diversi motivi, che le emozioni che mi ha restituito il paesaggio sono sempre state diverse per condizioni atmosferiche, per il tipo di sentiero, per quello che ascoltavo e per quello che vedevo.
Ho corso la notte fonda, con il vento forte, in mezzo ai meli, avevo paura, ogni rumore mi sembrava un animale pronto ad aggredirmi….ma alla fine l’ho superata e mi sono goduta la strada, fino al cambio con il mio compagno di squadra.
Un misto di paura ed adrenalina, avevo paura di farmi male, di perdermi ma passo dopo passo è andata via lasciando il posto solo all’adrenalina pura.
E poi ho visto l’alba, i contorni dei campanili sempre più nitidi, ho spento la luce frontale e la torcia e ho visto il cielo rosso sul percorso sterrato, in un silenzio assoluto quasi irreale per me.
Uso le parole del nostro caposquadra Andrea Di Somma
Il livello di arricchimento personale che ognuno di noi ha tratto da questa manifestazione sportiva non è facilmente quantificabile. Sia a livello di corsa sia umanamente il bagaglio di esperienza da Resia a Rosolina è accresciuto in maniera esponenziale per ognuno di noi. Nonostante non tutti ci conoscessimo c’è stato comunque molta intesa, soprattutto per quanto riguarda la condivisione degli spazi e delle cose. C’è stata molta empatia. Ci sentiamo assolutamente ripagati da questa splendida esperienza nonostante dal punto di vista sportivo avessimo puntato ad un risultato migliore, ma ci riproveremo.
La corsa è questo in fondo: sfida, divertimento, vita, in questo caso soprattutto vita e amicizia.
In un periodo che ci ha costretti alla solitudine, alla chiusura, all’allenamento ancora più individuale del solito, un momento così intimo e così condiviso era quello che ci voleva, un vero balsamo per la nostra anima.
Peppa Randazzo
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