Come fa un runner a iniziare a nuotare? Per lui l’acqua è utile solo ai ristori in gara, nelle fontanelle durante gli allenamenti, tutt’al più come fenomeno meteorologico da prevedere nel caso di una ciabattata con gli amici la domenica mattina.
Ma allora perché un runner o una runner, nel bel mezzo della loro modesta carriera podistica amatoriale, decide di darsi al nuoto?
La prima risposta che forniscono agli interlocutori, che spesso sono gli stessi della ciabattata di cui sopra, si rifà alla definizione del nuoto che usavano dare i genitori alle elementari: perché è uno sport completo.
E tu in silenzio accettavi quei pomeriggi infiniti dentro la vasca di città a faticare e sputare cloro per mettere insieme almeno tre stili su quattro, ammirando la sirena della vasca accanto che aveva già messo in fila dal delfino in giù ogni movenza natatoria figlia di una divinità nata dalla spuma di mare.
Oggi, dei tre stili messi da parte a 12 anni, non resta che un mesto stile libero, o crawl come dicono quelli bravi che poi significa gattonare e che se ci pensate bene quando muovete le braccia state replicando il gesto di un bambino che gattona sul pavimento di casa.
Insomma da quando vai a nuoto ti senti più leggero, nei giorni dedicati alla specialità natatoria sei più rilassato, non hai dolori alle gambe, caviglie e altre zone del corpo e sei persino più bello.
Il nuoto ti completa, rende felici. Come dice l’autrice de – L’arte di nuotare. Meditazioni sul nuoto – : “I nuotatori quando escono dall’acqua sorridono. I corridori fanno smorfie impressionanti”.
Ecco possiamo dire sinceramente che le smorfie il runner che decide di nuotare ne fa ancora di più in acqua, perché ha una linea di galleggiamento imbarazzante, prova del fatto è che va più veloce con le gambe tenute ferme per l’uso del pull buoy, smadonna per aver sottovalutato un corso di perfezionamento consapevole che nuotare male vuol dire continuare a farlo per sempre se non corretto.