Ogni volta che apro l’applicazione con cui il coach mi manda gli allenamenti settimanali di nuoto, provo una combinazione di sorpresa e incredulità.
Da un lato, è evidente come le distanze da coprire siano aumentate costantemente dall’inizio della preparazione a oggi: tre sedute settimanali in vasca corta, con chilometraggi che crescono progressivamente.
Dall’altro lato, scopro che la creatività del mio allenatore va ben oltre il classico stereotipo “nuotare è noioso”. La monotonia qui non esiste se gli allenamenti li chiami:
- Mickey Mouse – se devi fare alcune vasche con la testa fuori dall’acqua
- Post Break up sex – credo che lo abbia preso da un testo dei The Vaccines (li conoscete tutti veroooo?)
- Lindley off season – dal nome di Siri Lindley allenatrice di triathlon campionessa del mondo e relatrice motivazionale (credo, spero, glielo chiederò…)
- Regret – sarà per quei 3km, per giunta di venerdì mattina all’alba. Capite il rimpianto.
Stefano La Cara, il mio coach, ha un mix perfetto di esperienza e pazienza, condito con un sano senso dell’umorismo e la giusta severità quando serve.

Sa quando è il momento di spingere, ma anche quando lasciarti respirare. Questo equilibrio è fondamentale, soprattutto per chi, come me, non si sente mai davvero a proprio agio in acqua. Diciamolo chiaramente: in alcune giornate mi sento più una “pippa a pedali”.
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Gli allenamenti di nuoto seguono una logica molto simile a quella della corsa su strada: ci sono le ripetute, i medi, i lunghi. E poi ci sono le sessioni che sembrano delle vere e proprie salite, come quando ti ritrovi a fare 800 metri con le palette alle mani in progressione 1-4, aumentando la velocità ogni 4 vasche su un totale di 32. Sono sfide tecniche e mentali, che richiedono non solo resistenza fisica, ma anche una grande concentrazione per mantenere la forma e l’intensità richieste.
La filosofia del “nuotare brutto ma nuotare forte” è un po’ la stessa di quando chiudi un mille sotto i 4’ al km: ti senti soddisfatto, invaso dalle endorfine, anche se a fine allenamento sei irriconoscibile ai tuoi amici e parenti.
È quel misto di fatica e orgoglio che rende l’allenamento amatoriale così gratificante, anche se a volte ti chiedi come ci sei finito dentro.
C’è però un aspetto mentale che mi colpisce in modo particolare durante gli allenamenti: il numero delle ripetute. E qui ditemi se sbaglio: fare un numero dispari di ripetizioni non è affatto come farne uno pari. Mi spiego meglio. Ci sono allenamenti di nuoto che, nella loro severità infinita, ti tolgono il fiato, ti sfondano le braccia, ma ti fanno sentire “giusto” quando il numero delle ripetute inizia con un 3. Rifare lo stesso lavoro tre volte non è la stessa cosa che farlo quattro volte. Quel numero 3 mi dà un senso di completamento, mi rassicura.
Il motivo? Penso che parte del processo di adattamento agli allenamenti consista nel saper ingannare la propria mente. Avere un numero dispari di ripetute mi aiuta a percepire il tutto come più gestibile, più raggiungibile. È una piccola strategia psicologica, ma fa una grande differenza quando sei immerso nell’acqua e stai lottando contro te stesso.
Tutta questa fatica, suddivisa in sette allenamenti settimanali tra nuoto, bici e corsa, ha un obiettivo preciso: il 28 settembre tornerò sulle salite del 70.3 dell’Elbaman. Un impegno che mi spinge al limite, ma che ho scelto consapevolmente. Stefano La Cara lo sa e mi sostiene, con la calma e la comprensione che lo contraddistinguono. Ogni allenamento non è solo una sfida fisica, ma anche mentale, e avere un coach che sa come bilanciare questi due aspetti è fondamentale per un amatore che punta a raggiungere un traguardo così ambizioso.