Quando un podista decide di passare alle due ruote a pedali, per andarci a lavoro e per farci sport, nella sua vita e non solo nella sua succede che il mondo circostante cambia.
Cambia la velocità con cui si sposta.
Cambia la percezione dello spazio.
Cambia il rapporto con i cittadini.
Cambiano i discorsi la mattina in ufficio.
Agli occhi di chi non fa un metro senza la macchia sotto il sedere, il podista ciclista è una specie di alieno, mezzo uomo e mezzo “ ma questo non ha un cazzo da fare?“
Chi viaggia a una velocità diversa, senza produrre scorie, senza occupare 100 volte lo spazio che gli spetterebbe e soprattutto senza essere un pericolo per il prossimo lui, il neo pedalatore, è una entità incomprensibile.
Il ciclista urbano è uno che vive a un ritmo diverso, non rientra nei canoni imposti da una società pistone centrica ed è forse anche più felice.
Intanto il podista ciclista regge botta, comprese quelle che prende in ciclabile dalle moto che vi sfrecciano a tutta velocità.
Regge botta e si impegna, parla e discute in un dialogo sociale e social in cui fa proseliti e detrattori, consapevole che questo mondo indietro non ci torna e che grazie alla spinta di 10 100 100 1.000.000 di ciclisti la direzione lentamente sta cambiando.
In fondo, quando un podista diventa ciclista, a mutare non è solo la sua vita, chi ci guadagna è una intera comunità e se gli andassimo tutti dietro otterremo quell’equilibrio stabilmente desiderato nella vita per cui per avanzare devi solo pedalare.
Buona pedalata a tutti