Domenica ho preso parte alla 48a Traversata Terzo Darsena ad Anzio, una delle gare più antiche d’Italia. 2 chilometri davanti alle spiagge di Anzio. E fino a qui tutto bene.
Ho nuotato per i colori della squadra di Giulia. La gara era riservata ad atleti FIN e alla partenza c’erano i nuotatori, quelli belli e veri, che si fanno 5/6 chilometri al giorno, tutti i giorni.
Persone che sono nate per stare in acqua, che non fanno fatica, che hanno tecnica e acquaticità e le branchie sotto il collo.
E così la domanda nasce spontanea: “ma tu, allora, che cazzo ci facevi lì in mezzo?”
La mia filosofia di vita ormai da tempo ha un suo equilibrio stabile, per cui se lo posso fare, lo faccio. Qualsiasi sia il terreno, pendenza e tipo di acqua, se mi va, mi butto e me ne frego.
La gara era un rettangolo da fare una volta e mezza. “Le solite boe, le solite bracciate” ho pensato, “tutto il tempo che userò sarà per me, me lo godo, mi diverto.”
Si ok bravo. Ma come è andata la gara?
Avete presente quando hai l’ambulanza di fine corsa che ti sta attaccata al culo? Ecco non lo so nemmeno io. Perché quando sono in strada c’è sempre un dialogo tra me e la fatica.
Invece, in acqua, nonostante i 166 partenti, ero talmente solo che anche la mia fatica mi ha mollato.
In mezzo al mare non hai alcun compromesso, sei in balia di te stesso, sei un criceto nella ruota dentata, più fatichi meno avanzi.
Dopo lo start faccio 10 bracciate e tutti quei tonni intorno a me erano spariti, tant’è che mi sono detto: “ma cazzo!! ho già sbagliato traiettoria? “
No no, stavo andando bene, erano loro già lontani all’orizzonte. Tutti!
Io non dovevo fare altro che nuotare senza cercare di farmi superare dal gommone di fine gara, solo che avevo fatto appena 300 metri. Capite il dramma nella testa anche del più ostinato, motivato, caparbio e convinto pippone come il sottoscritto?
Insomma, mentre nuoto penso a Giulia che mi aspetta all’arrivo e che mi sta guardando con Federica l’allenatrice. Passo in rassegna tutte le disavventure atletiche degli ultimi 20 anni e mi rendo conto che come questa, forse, non l’ho mai vissuta.
Ciò nonostante arrivo a metà gara, mi attacco ad un paio di gambe che non si sa perché erano ancora con me, mi metto al loro fianco e come dice sempre Stefano Strong “sfrutta una seppure flebile scia” e così facendo avanzo e girandomi per un secondo, capisco che ero attaccato al penultimo.
Grandeimmensoeroico 😂😂😂
Mi esalto, ci esaltiamo ma non basta. Ultimo tratto lungo per chiudere la gara.
Il morale è come le onde che ci arrivano in faccia, (non sia mai che respiri sull’altro lato).
Ma te ne fotti perché sei quasi arrivato e senti le grida di Giulia che servono solo ad indicarti dove cavolo sta il traguardo
Mi alzo, è finita, esco, non parlo, mi giro e c’è il signore che ha nuotato avanti a me e ora sta pochi metri dietro di me, è un bel tipaccio, categoria m70, spalle forti e mascella quadrata, ha ceduto sul finale per colpa di una boccata d’acqua.
Devo la gara alla sua scia, costante e paziente, come la squadra che mi ha aspettato sotto l’ombrellone asciutta e con i festeggiamenti messi già da parte.
Chiudo la mia prestazione con le parole di Federica l’allenatrice, pronunciate sugli scogli, mentre con malinconia guardavamo l’orizzonte. Scorato e affranto ascolto parole di incitamento, forza e concretezza: “ ma perché ti ostini a fare nuoto di fondo? Tu non dovresti fare gare più lunghe di 50 metri a stile”.
Hai ragione coach, il medico pietoso fa la piaga purulenta.
Morale alle stelle, futuro in acqua e non solo incerto, il meglio in vista di un Ironman a settembre.