L’ultima pagina del diario di un semplice runner

Ho passato nottate a pensarci, ho immaginato, ho desiderato, ho letto e fatte mie le emozione di chi l’aveva appena fatta. Una maratona non è una corsa di 42 chilometri e 195 metri percorsi in alcune ore, ma una corsa fatta di preparazione, di chilometri e di ore sudate nel tempo.

Quando si parla di lei per la prima volta, tutti coloro che l’hanno fatta ne parlano come impegnativa, difficile, con le crisi fisiche degli ultimi chilometri, con il miraggio di quell’ultimo passo per il traguardo. Le emozioni che scoppiano nel vedere la fine, il ricordo per sempre di ciò che avrai fatto.

Un’esperienza di vita.

Io l’ho fatta, io l’ho vissuta, io ho corso quei 42 km e 195 metri. Ho cercato dentro di me tutte quelle emozioni desiderate che aspettavo e che desideravo avere anch’io, ma non è successo. Ho corso in un posto meraviglioso, un posto UNESCO, un posto a me caro e conosciuto e le emozioni che mi ha restituito non sono dipese dalla corsa ma dalla storia millenaria di questi luoghi.

La corsa è stata per tutto il tempo in disparte, nascosta e sottotono.
Mi sono stupito e amareggiato di quanta sporcizia ha creato questa gara. I ristori “dei campioni” senza cestini, ma invogliati e legittimati al gesto diseducativo del gettare tutto a terra per centinaia di metri. Inconcepibile. Dire che “…poi puliamo noi” non insegna nulla, ma persevera il concetto che ci deve pensare qualcun’altro, è compito suo non mio…. sono amareggiato e deluso e mentre tutti corrono, il mio gesto, la mia corsa, sembra inutile, stupida e da sberleffare.

Ho corso col magone, circondato da “campioni della domenica” e i complimenti ricevuti da alcuni di loro hanno avuto in me il risultato opposto, come una pacca sulle spalle data ad un matto.
Credo che questa maratona mi abbia lasciato davvero qualcosa dentro, ma purtroppo non positiva.

Un picco di enorme emozione però c’è stato e anche questa non dipendente dalla corsa.

Due persone umili, con uno sguardo triste, una vicina all’altra, marito e moglie su una curva nei pressi di un piccolo paesino lungo il percorso, mostravano sconsolati un piccolo striscione giallo, inconfondibile e purtroppo ben noto. VERITÀ PER GIULIO REGENI riportava e loro erano la mamma e il papà che in silenzio urlavano tutta la loro tristezza… il magone è diventato a quel punto tristezza.

Da oggi io sono ufficialmente un maratoneta, un maratoneta più consapevole però e questa maratona la ricorderò per sempre anch’io, ma purtroppo non per le stesse emozioni che avevo pensato di provare…

 

AQUILEIA-UDINE
Massimo Confalonieri
#CORROCOLGUANTO