La memoria che corre di zio Tom

Abbiamo tutti uno zio Tom, uno zio d’America, uno zio ricco o povero che sia. Io ne ho tanti, famiglie numerose, d’altri tempi, ed io ne ho uno che potrebbe essere uno zio Tom qualunque, ma lui è un runner, un Runner con la R maiuscola.

Un giorno gli chiesto di raccontarmi la sua storia da runner, o meglio io la so, ma volevo raccontarla a modo mio e farla conoscere, ma lui non ci tiene, non ama far sapere le “cose sue” agli altri.

Beh lo sapevo in fondo lo conosco. Lo conosco da quando aveva 16 anni, un ragazzetto biondo biondo quasi albino con due occhi azzurri presi in eredità da mio nonno, abbiamo un codice genetico in parte normanno.

Uno zio giovane e io unica nipote femmina, la prima da parte di papà che quando m’hanno vista per la prima volta era di venerdì santo, il venerdì prima di Pasqua ( forse è proprio per quello che so’ felice).

L’ho frequentata spesso casa dei nonni paterni, a volte ci rimanevo a dormire mi piaceva tanto,  nel loro piccolo amavano viziarmi, ma come fanno tutti i nonni

Faccio un discorso lungo ma lo capisco, mio Zio ha vissuto per gran parte della sua vita a viaggiare di mestiere faceva l’assistente di volo e nonna ci si arrabbiava perché “manco una fidanzata a casa riusciva a portare”.

Ma con il lavoro che faceva era difficile mantenere rapporti duraturi e stabili. Ad un certo punto della sua vita e quando rimaneva a casa per le tratte brevi, lo vedevi correre.

Spesso mi portava con lui a Villa Ada , non facevi in tempo a vederlo per quanto era veloce.

Lo guardavo con ammirazione e spesso riportava a casa qualcosa, aveva sempre un premio da ritirare.

I veri campioni sono quelli silenti, quelli che non amano molto parlare di se, certi sono davvero talenti naturali e lui è uno di questi.

In quegli anni non c’erano coach e tabelle da seguire all’inizio, c’erano solo un paio di scarpe, la voglia di muoversi per scaricare lo stress di un lungo viaggio e la condivisione di una passione con i “pazzi della domenica”.

Quello che mi dice sempre da quando ho iniziato a gareggiare è: ”bere, di seguire il mio cuore e di non esagerare coi km che tanto le distanze lunghe non servono a niente, lascia rigenerare le fibre muscolari, prenditi tutti i riposi che ti servono, tanto la corsa non la perdi , asseconda le richieste del tuo fisico, perché tu non hai una massa muscolare piccola quindi dovresti concentrarti sulle brevi distanze

E’ orgoglioso di me, nonostante io non abbia i suoi tempi, e io orgogliosa di avere uno zio così è una gioia.

Ci sentiamo prima di ogni gara, vuole sapere tutto, eppure non mi ha mai allenato. Lui ha allenato tante persone, ma quelle che gliel’hanno chiesto, non si è mai proposto, ma non mi ha mai detto nulla sul fatto di volermi allenare, perché mi conosce, sa che sono uno spirito libero e quando mi vede gli brillano sempre gli occhi.

Persone così dovrebbero essercene nel nostro ”mondo running” fatto di gente a volte troppo montata, troppo esuberante, troppo tutto. Ma in fondo i  problemi sono altri, a volte c’è la competizione con il resto del mondo proprio per sopperire alle insoddisfazioni personali.

Perché si vive a 4,20 senza un “bravo, si dai sei tutti noi, sei un campione yeee!”

Essere bravi è altra cosa, persone a noi care che aprono la loro “porta di casa” a  sconosciuti, insegnando tanto.

Ho imparato a non giudicare chi non si apre proprio del tutto, ciò che vedi non basta.

Leggete con cura che certe cose si fanno solo per passione e non per condividerle solo per farsi vedere.

Io sono come quella porta, posso aprirmi solo se mi fido e tornando alla storia del famoso DNA che non è un puro caso se ho iniziato a camminare a 9 mesi sotto gli occhi stupiti di tutti perché a 12 già correvo.

… forse era scritto, forse era così che doveva andare anche piano ma doveva andare!

Dominga Scalisi