Lezione n.9: lascia a casa l’ansia da prestazione

Non sappiamo mai come andrà.

Ogni seduta è un’incognita.

Per quanto programmato, deciso, stabilito, con il coach o senza, nulla garantisce il risultato dell’allenamento.

Ci saranno giorni buoni e giorni non buoni.

Ci saranno soddisfazioni e frustrazioni.

Ci saranno convinzioni demoralizzanti e demotivanti, sedute in cui si tornerà a casa pensando che è meglio buttare le scarpe da corsa nel cassonetto e non pensarci più.

Ci saranno attività esaltanti, in cui si centrerà l’obiettivo con una facilità entusiasmante, con le ripetute eseguite alla perfezione, nei tempi previsti, con i recuperi esatti, e con le gambe che girano senza intoppi.

Lunghi che faranno faticare e che sembreranno non terminare mai, e lunghi mangiati come un’insalata, ritrovandosi a fare la doccia in un tempo da lampo di luce.

Ma non possiamo sapere prima come andrà.

Si potrebbe dormire benissimo o male, avere una digestione complessa o liscia come l’olio, oppure semplicemente avere la sensazione di non riuscire a togliere il freno a mano, e di assomigliare senza una ragione fondata a una lumaca strisciante.

Oppure sentirsi leggeri, liberi e belli, fluttuanti su piedi flessibili, simili ad una gazzella che corre per la savana.

Ma dato che non si ha nessuna certezza di come andrà, l’ansia da prestazione è inutile e fuori luogo: chiunque tu sia mollala.

Quell’esserino pavido e floscio che si annida nel cervello, nelle tasche dei pantaloncini e nel caricareilgarminèindispensabile tutto attaccato, non serve.

Lasciala a casa, o meglio regalale un passaporto e mandala a quel Paese.

Perché oltre a non avere alcuna utilità, rappresenta uno svantaggio.

E’ sabotante.

E’ li che ti ripete e se non ce la faccio e se non ce la faccio e se non ce la faccio…

Come concentrarsi con questa specie di mostriciattolo dentro che suggerisce la continua possibilità di un fallimento.

La suggerisce, la serve su un piatto d’argento, e poi lascia che ormai rassegnati, realizziamo la nostra sconfitta.

Invece no! Seguiamo il programma al massimo, nel contesto di una vita che la corsa deve arricchire e non impoverire, disciplinati e fermi nel perseguire l’obiettivo: correre la Signora delle distanze, la Maratona.

Ma senza che l’ansia prenda il sopravvento: ridiamo consapevoli dell’incertezza che regna in questo mondo e beffiamoci una volta per tutte di lei.

Una bella pacca sulla spalla e poi un bel biglietto per Timbuctù: a non rivederci mai più!

Adios!

Chiara Scardaci

 

 

 

 

 

 

 

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