Abbiamo un bel motore in mezzo al petto tutti noi, sta li che batte e batte e cadenza il nostro ritmo di vita, ora lento ora veloce.
Batte di una volontà tutta sua, senza che si possa esercitare alcun controllo, e forse per questa ragione lo si da per scontato, tanto è li e fa il suo mestiere senza che si debba costringerlo.
A molti è sconosciuta la propria FCM, così come l’allenamento con il cardiofrequenzimetro, il semplice monitorare i battiti, o ancora l’intensità dello sforzo.
Spesso abbiamo più dimistichezza con le maglie termiche che con il nostro cuore…
Eppure tutto parte da li: dalla visita medica agonistica con tanto di elettrocardiogramma, ai dolori che ha dovuto sopportare, al desiderio di essere felici, alla ricerca di qualcosa che lo renda sempre appagato e gioioso e che ci spinge proprio li, dove si corre.
E nel nostro correre, gara dopo gara, nel diventare più esperti e a volte più performanti, ognuno a proprio modo, con troppa facilità si perdono le qualità del cuore.
Si da rilevanza a ben altro, rivestendolo di un’importanza che, certamente, non merita.
Si resta troppo concentrati sui risultati, sulla velocità, si diventa competitivi in modo insano e inutile, in maniere a volte nuove e all’avanguardia, dimenticando che facciamo tutti parte di un podismo amatoriale.
Noi, prendendo esempio dai migliori atleti del mondo, di oggi e di ieri, non dovremo mai dimenticare una delle regole principali e cioè che non esistono nell’atletica campioni, veri, che non abbiano cuore.
Se penso a Giorgio Calcaterra o a Eliud Kipchoge, a Sara Dossena o a Lona Chemtai Salpeter, ciò che balza agli occhi è il loro cuore che spinge sulle gambe e sulla mente, prima dell’ambizione e dell’orgoglio, portando ognuno di loro a quei traguardi che fanno emozionare e sperare tutti noi.
Il cuore con tutte le sue qualità: la compassione, l’umiltà, la forza della passione, la testardaggine del sentimento, la lealtà, l’interconnessione.
La compassione perché non siamo perfetti, l’umiltà perché non saremo i primi, la passione che ci aiuta a non mollare, la testardaggine dei nostri sentimenti, che restano vivi come un fuoco sempre acceso, per tutti i 42 km che ci aspettano.
Ma anche e soprattutto la lealtà per ciò che siamo, unico viatico per essere finalmente interconnessi con chiunque corra accanto a noi.
Nel benessere che lo vede restare giovane, con l’aumento della frequenza dei battiti che la corsa consente, in una maratona non se ne può lasciare a casa un pezzo, una qualità piuttosto che un’altra: bisogna correre con tutto il proprio cuore!
E se è vero che nella corsa la mente si svuota, che nello sforzo fisico la concentrazione sgombra il campo dai pensieri della mente, lasciando spazio alla riflessione ed alla consapevolezza,allora auguro a tutti noi di meditare a fondo sulle qualità del nostro cuore, per non correre mai più senza di lui, nella sua interezza.
Perché se vogliamo correre per tutta la vita, come spesso sento dire, allora dobbiamo vedere oltre le tabelle di allenamento e i risultati da raggiungere.
Perché nei momenti no, durante le pause necessarie o volute,quando saremo troppo leggeri per correre con un obiettivo in testa,quando il traguardo sembrerà lontanissimo, quando al 35° verrà voglia di sedersi e finirla li, quando le gambe non ne avranno più, sarà solo grazie all’infinita generosità che risiede nel nostro cuore, se guarderemo ai kilometri che ci aspettano, con il nostro più sfavillante sorriso.
In fondo è per lui che abbiamo iniziato, giusto?…
Con tutto il mio cuore, sempre, buone corse.
Chiara Agata Scardaci
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