I podisti costituiscono una tribù, esattamente come i surfisti (v. Point Break).
Ci piace – o abbiamo bisogno – di vivere in una comunità, più o meno organizzata, in cui si cerca la condivisione, il contatto umano. Probabilmente ci sono ragioni d’ordine antropologico, benché questa non sia la mia materia di elezione. Sin dagli albori, in cui gli esseri umani (sapiens o meno) sono venuti su questa terra hanno vissuto in piccoli gruppi di cacciatori e raccoglitori. A prima vista si tratta di pura “convenienza” mettere a fattor comune le capacità (di sopravvivere); ma non è solo per questo. Credo che, gran parte, l’abbia giocato il bisogno di “socialità” che prescinde da un rapporto di pura egoistica convenienza.
Ai nostri giorni – in cui sembriamo molto più civilizzati – la mancanza di un senso di comunità è alla base delle nevrosi che scaturiscono da una esperienza quotidiana in cui condividiamo unicamente lo spazio-tempo con il vicino di posto sulla metro, persi appresso ad una socialità telematica priva di “veri” contatti ma costituita, unicamente, da sembianze di persone.
Per costituire una tribù servono le persone. Persone non smaterializzate ma in carne ed ossa. Quelle persone che, in alcune occasioni, si ritrovano per correre. Non intendo dire che si possa – in questo frangenti – essere “amici” di tutti ma, tra questi, ci sono quelle “persone” (che puoi stringere davvero) con le quali attraversi un percorso di vita e non solo quello che vi porta, dopo un bagno di sudore, a superare il gonfiabile.
Nella nostra “tribù”, la corsa è un mezzo al fine. Ed il fine è il superamento di una contingenza sociale, cioè di una amicizia basata sulla semplice condivisione di una situazione in qualche misura necessitata. Già che dobbiamo (vogliamo..) correre, tanto vale fare “comunella” con qualcuno che ci aggrada, senza bisogno di investire risorse che vadano al di là dei confini segnati dalla comune incombenza.
Pur convinto che non si possano conoscere fino in fondo le persone, man mano che ci si incontra – anche al di fuori dell’ambito sportivo – per un principio analogo all’osmosi, alcune connotazioni passano a noi e le nostre a loro, di guisa che – se ci riusciamo – ci arricchiamo di quei valori che ci fanno stare meglio, più “collegati” con una umanità, intesa nel vero senso che possiamo attribuire a questa parola.
Una umanità che si può sentire e toccare e piena di cose allegre e di cose tristi, di sogni e di speranze, di rimpianti e di desideri. Un segno tangibile che nel nostro troppo breve passaggio su questa Valle di lacrime (l’Eden, purtroppo, l’abbiamo giocato per dei begli occhi) un pezzo, più o meno grande di come siamo, è stato trasmesso, condividendo quel “carburante” che ci permette di andare avanti. Migliori di quelli che realmente siamo. Se deve essere un auspicio, che sia questo.
[Colonna sonora: The Police, Bring On the Night (FYYC’s Alternative Extended Mix); The Police, Cant Stand Losing You (Extended FabMix); The Police, The Bed’s Too Big Without You (Francesca B. Running Tears Remix); Gotye vs The Police, Somebody That I Used to Know (Mash-up Mix)