Kona il valore della fatica

L’amico Marco mi ha chiesto di scrivere la mia storia verso The Big Island alle Hawaii. Non vuole che io racconti la storiella forse un po’ scontata del sogno raggiunto, ma vuole sapere cosa c’è dietro le quinte di chi va a Kona a partecipare nell’Ironman più famoso e ambito.

Partiamo dalle cose scontate: andare a Kona costa. E non parlo del costo filosofico del sacrificio, del sudore e della costanza, ma parlo di costi in termini economici.

Infatti il triathlon, soprattutto quello di long distance, non è uno sport economico visto che tra attrezzatura tecnica (la bicicletta in primis) e viaggi per fare le gare marchiate Ironman, bisogna avere una disponibilità alla spesa non propriamente da operaio.

Poi, come in tutte le cose si possono fare economie, (alberghi, bici, compagnie aeree, tempo di permanenza, ecc.) che possono allargare moltissimo la forchetta tra l’alto spendente e il basso spendente.

Si può avere la bici in alluminio non aerodinamica o una TT in carbonio ultimo modello, la muta per nuotare entry level o il top di gamma. Le scarpe da running ultrareattive oppure le ciabatte della nonna.

 

Federico in gara

Facciamo un esempio. Immaginate due atleti gemelli in termini di caratteristiche fisiche ma con potere di spesa e tempo differenti.

Il primo si può permettere di dormire in un onestissimo B&B a 30€ a notte lontano dal luogo della gara, mangiando in casa e viaggiando low cost, magari arrivando nei giorni in prossimità della gara stessa.

Viceversa nell’altro caso, può pianificare con largo anticipo la trasferta, alloggiando in alberghi più confortevoli molto vicini al quartier generale dell’evento, mangiando sano nei ristoranti indicati, arrivando poi diversi giorni prima dell’evento per ambientarsi e, come si dice in gergo, di acclimatarsi.

Come premesso, a parità di capacità atletiche e performance e condizionamenti, secondo voi chi avrà maggiori possibilità di fare un risultato migliore?

Per come l’ho impostata verrebbe da rispondere a quello del secondo caso? O il primo? A chi è più motivato? Chi è forte in bici? Chi è più dotato nella corsa o nel nuoto?

Cazzate. Sono tutte cazzate. Vincerà chi quel giorno andrà più forte. Punto.

Questo voler fare i conti in tasca a chi insegue le proprie passioni proprio non lo capisco.

Ho sempre sostenuto che chi segue i propri sogni e le proprie passioni, non spende soldi ma li investe. Investe i propri risparmi alla rincorsa di una emozione, di qualcosa che ti fa scorrere il fuoco nell’anima, nel proprio benessere.

Un certo Emil Zapotek sintetizzò questo concetto con una celebre frase: “Un atleta non può correre con i soldi in tasca. Deve correre con la speranza nel cuore e sogni nella sua testa”.

Federico all’Escape From Alcatraz 2018

 

Come ci si qualifica per Kona allora? Con la bici pesante, le scarpe rotte e bevendo solo acqua?

Ovviamente la risposta è no. A meno che non si è dei talenti naturali si deve lavorare duro, avere delle doti di base (in gergo si dice che bisogna avere il motore), scegliere la gara giusta e un pizzico di fortuna.

Quest’ultima fu fondamentale nel mio caso e vi spiego come andò riaprendo velocemente una parentesi sulla mia qualificazione visto che mi ero promesso di non farlo più a causa di una lunga scia polemica che ne seguì a suo tempo.

La gara in Cina a Xiamen per l’esattezza è una gara Ironman di 70.3 ovvero un mezzo Ironman. Andai a quella gara più perché voleva andarci la mia ragazza Michela che io per giocarmi la slot.

Avevo una speranza di potermela giocare certo ma non andai sicuramente con l’unica intenzione di qualificarmi per Kona. Slot a disposizione poche (30 in tutto) pertanto o si arrivava primi di categoria o era molto probabile che si rimanesse tagliati fuori.

Prima della partenza, e parlo prima di entrare in acqua con già la muta indossata, incontro un ex pro che conoscevo con cui scambio due chiacchiere e mi dice che partecipa come age group nella mia stessa categoria.

Prima dello start sapevo già quindi che nella migliore delle ipotesi sarei potuto arrivare secondo. Cosa tra l’altro che non mi era mai successa pertanto le mie probabilità erano già calate vertiginosamente.

Feci la mia gara, dal mio punto di vista non la migliore ma un’ottima gara. Non pensai mai alla posizione in classifica tanto, vedendo il numero di partecipanti stranieri venuti apposta lì per prendere un posto per le Hawaii, pertanto Kona non era nei miei pensieri.

Arrivo al traguardo. Incontro infatti il mio amico Pro che trionfante mi disse di essere arrivato primo di categoria. Sua sorella controlla i risultati in tempo reale e mi dice che ero secondo. Ci pensate?

Secondo voleva dire Kona!!

Ero incredulo, felice ma l’istinto mi diceva di aspettare poiché con il rolling start poteva arrivare la sorpresa. Passarono dieci minuti e le mie speranze si infransero visto che un atleta aveva fatto meglio di me. Pazienza. Ci sta nel gioco.

Nel frattempo raggiungo Michela che arriva verso di me urlando che ero a Kona, aveva il telefonino in mano con i risultati e mi dice ero secondo.

Gli spiego che ero ormai terzo ma lei guarda e dice che sono secondo. Mancava nella classifica il primo arrivato, risultava cioè non in classifica.

Aveva avuto problemi col chip e sapevo che non risultava in classifica e poiché lo conoscevo ero pronto a testimoniare che fosse arrivato davanti a me.

Pazienza. Da Kona a casa in 10 minuti. Passai il tempo in camera d’albergo dicendomi che comunque ero andato bene, che avevo fatto un podio (ero terzo lasciandomi indietro tedeschi, americani, svizzeri, ecc) e mi stavo preparando alla cerimonia di premiazione che si sarebbe svolta poche ore dopo.

Andai sul palco, a prendere il mio trofeo e congratulandomi anche con il secondo arrivato che tra l’altro era un italiano che viveva ad Hong Kong.

A fine premiazione, mentre scendevamo i gradini del palco quest’ultimo si gira verso di me e mi dice: Divertiti a Kona…

Scusa? In che senso?
E lui: a me della slot non mi interessa nulla, la lascio a te, anzi sono contento perché sei un italiano…

SBAM. Descrivere la gioia e lo stupore che provai scendendo quelle scalette è molto difficile spiegarlo a parole. Fu come se un’esplosione violenta mi avesse proiettato lontano nel cielo, mi si gonfiarono gli occhi, lo abbracciai forte ringraziandolo e gli dissi qualcosa tipo: lo sai che mi hai fatto un regalo enorme?

Nelle ore successive si sparse la voce nel circolo magico degli eletti, i Kona finisher del passato che reagirono in due modi contrapposti.

Chi si congratulò, chi invece cercò meschinamente di rovinarmi la festa poiché avevo violato la sacralità della slot in una gara non di full distance.

Non sono stato immune a queste feroci critiche, ma non scrivo io le regole e solo io so come sono andate le cose.

La gara l’ho fatta, l’ho sudata, l’ho combattuta e l’ho portata a casa quando tutto sembrava svanito.

Io andrò a Kona, chi non ci arriva bloccato da uno scarso livello intellettivo se ne farà una ragione.

Non è un mio problema, io sono in pace con me stesso e col mondo.

 

Federico Procopio

 

Federico e Michela