L’avete corsa in molti e tanti sognano di essere almeno una volta sulla sua linea di partenza. Lo start sarà dato a Firenze alle 15:00 di Sabato 26 maggio per partire alle volta di Faenza. E’ la 100 km del Passatore, la più amata e sofferta, il viaggio da cui tutto può cambiare o restare così come ve l’hanno raccontata gli amici che l’hanno corsa.
Nella nostra carriera atletica ci sono prove che iniziano e finiscono in una corsa a perdifiato e ci sono romanzi che ti porterai dentro per sempre, come un racconto di uno scrittore classico, come una avventura d’altri tempi.
La 100 km del Passatore è così e c’è chi con la forza delle gambe e di una testa dura come la sua ragione torna su quelle strade. Abbiamo parlato con Lisa Magnago, un’amica, una che corre e lo fa con la serenità di rispettare se stessa e gli avversari e che sabato partirà per il suo sesto Passatore.
Come si arriva a correre la 100km?
Come per la prima maratona, un po’ per caso, un po’ per la grande voglia di scoprire quella distanza che si vociferava essere meravigliosa e massacrante. Per scoprire un mondo sconosciuto e capire qualcosa in più su me stessa in una situazione fuori dal comune, la grande voglia di partire correndo da una regione, ed arrivare in un’altra oltre la famosa “Colla”.
La prima volta che mi imbarcai per i 100km del Passatore fu nel 2011, quando alla partenza ed al traguardo si respirava ancora l’aria di una gara per pochi, riservata a chi aveva esperienza nelle distanze, e a coloro che avevano quel pizzico di coraggio e quella dose d’incoscienza che serve per avventurarsi in una simile impresa.
Oggi lo scenario è diverso, molti, anche i podisti meno esperti, come lo ero io, e le persone che hanno voglia di respirare quell’ambiente da dentro e tentare di arrivare, anche solo camminando una grande parte del percorso, ad avere quella medaglia che vale 100000 metri.
Nel 2011 ricordo un grande silenzio in molti tratti di quel percorso, all’epoca alcuni amici ferrati mi avevano anche consigliato di farmi seguire da eventuali accompagnatori in auto, a piedi, in bici, perché “una ragazza sola, al buio, di notte, rischiava…”.
Eppure di quella esperienza conservo ancora le immagini della natura, del percorso illuminato da un sole estivo, la festa ogni volta che si arrivava in un borgo, il fascino del mutamento tra il giorno accecante e la notte buia, le stelle, i rumori del vento nei boschi ed i ruscelli, l’entusiasmo dei compagni di viaggio incontrati ed affiancati per qualche tratta lungo quel percorso verso Faenza. Queste sono le sensazioni che cercavo e le ragioni che mi hanno poi spinta ad ripetere l’esperienza, il desiderio di fare un viaggio insinuoso, insolito e ricco più che una competizione.
Negli anni i cambiamenti che ci sono stati, come l’incremento dei podisti e conseguentemente degli accompagnatori motorizzati che spesso rovinavano quella magia fino anche a creare un vero e proprio ostacolo lungo alcune tratte, mi hanno delusa, ma fondamentalmente il Passatore rimane un sogno, che dura anche quando si è già conquistata la medaglia.
Come si concilia famiglia, lavoro e km?
Anche con un lavoro a tempo pieno fatto di viaggi, riunioni, orari dilatati e anche sedentarietà, si può arrivare pronti alla 100 km e riuscire a deambulare i giorni successivi. Io mi allenavo di notte o di mattina prima dell’alba. E’ come se avessi una vita segreta della quale i miei colleghi, che arrivavano assonnati in ufficio, non fossero a conoscenza.
Ovviamente non si concilia troppo con la vita mondana, ma noi amanti delle ultra distanze non l’amiamo particolarmente. Quando conclusi il passatore poco sopra le 10 ore ricordo che non fu la mia esperienza migliore, avevo sofferto e non mi ero goduta il percorso come avevo fatto in passato, (chiudendo la gara comunque sotto le 11 ore).
Con l’arrivo di un bimbo e di una famiglia, non pensavo davvero di ripetere l’esperienza a breve, invece ho potuto correre di nuovo verso Faenza un anno dopo l’arrivo di Sebastian, nel 2017.
Fu in questa occasione che scoprii che anche senza tutte quelle ore di allenamento e le tante maratone accumulate una dietro l’altra, ma con “sole” 2/3 maratone nei due mesi precedenti, riuscii a concludere il mio 5° passatore in un tempo inaspettato di 11 ore e 37 minuti.
Sicuramente una grande parte di allenamento l’ho fatta nell’anno precedente, allattando e stando sveglia tutte le notti mese dopo mese, almeno durante il Passatore avevo l’impressione di riposarmi anche un po’!
Con questa nuova consapevolezza, ho capito che l’esperienza e la memoria dei muscoli ha un valore simile e comunque complementare ad un buon programma di allenamento. Ovviamente non si può arrivare a correre per 100 km senza una adeguata massa muscolare abituata alla distanza, ma si può compensare una qualche mancanza di allenamento necessario con una buona dose di resistenza (anche al dolore), la conoscenza del percorso e di se.
Quanto conta la testa dalla partenza al traguardo?
Nella maratona si dice che dal 30esimo km in poi si corre con la testa, per quanto riguarda il Passatore, il calcolo è un po’ diverso, proprio perché sin dal momento in cui ci si trova a Via Roma, nel cuore di Firenze, si respira un certo fermento, una elettricità nell’aria che fa realizzare che da lì in poi inizia un percorso verso sensazioni ignote.
In aggiunta, la partenza alle 3 di pomeriggio fa sì che si parta già un po’ stanchi, dal caldo, dal viaggio per raggiungere Firenze (per molti) e semplicemente dalle tante emozioni che si accumulano dal momento dell’iscrizione al giorno della partenza. Questo significa che la concentrazione e la calma sono fondamentali da quando ci si sveglia quel sabato mattina. Poco dopo il via, si incontra la prima salita, e non si e neanche al 10km quando questa si attenua. E’ una gara che va gestita a tappe mentali. Per viverla al meglio bisogna porsi dei piccoli traguardi da raggiungere e rinnovarli di volta in volta. La mente conta dal primo all’ultimo passo.
Perchè non si dovrebbe correre il passatore?
Il Passatore non si dovrebbe neanche pensare, se non si vuole provare fatica durante e dopo il percorso, se si ha paura del buio, se non si apprezza la storia dei borghi Toscani ed Emiliani.
Il Passatore non fa per chi crede che già la maratona sia troppo lunga.
Non lo si dovrebbe correre se non si apprezzano i ristori fatti da persone generose e appassionate che si prestano tutta la notte.
Se si odia il brodo o il tè caldo con i biscotti, se non si ama l’odore della natura in primavera, il Passatore è da evitare.
Non si dovrebbe correre se si odia la folla e le incitazioni come anche il silenzio e la solitudine, se non si sopportano le salite, ma anche le discese.
Il Passatore non è fatto per chi guarda il crono in ogni momento. Per chi non si emoziona vivendo l’arrivo al traguardo di amici e sconosciuti durante la notte e fino al mattino. Per chi non ama condividere gioie e dolori, aiutare anche solo con un cenno o una parola chi ci si trova ad affiancare lungo la strada.
Il Passatore non fa al caso di chi non vuole scoprire qualcosa di nuovo, soprattutto sul proprio io.