“Le parole “Eroe” e “Maratona” molto spesso sono state pronunciate e scritte vicine tra loro. Quasi che una evocasse l’altra. L’aspetto “epico” ha sempre trainato nell’immaginario umano l’idea della quarantaduechilometriequalcosa. “
Inizia così un pezzo di Saverio Fattori dal titolo “Gli eroi non sono gli eroi”, scritto all’indomani di quella famosa Maratona di Venezia corsa sotto un diluvio dall’inizio alla fine.
Da tanti anni, dalle pagine del Magazine Correre, Saverio racconta la corsa e le diverse visioni del mondo in cui corriamo. Non ha mai preso parte a una maratona ma non è esente dal suo fascino. Da bambino non voleva fare il pompiere, né l’astronauta. Come tanti sognava un giorno di entrare per primo allo Stadio Olimpico salutato dalla folla..
Dal momento in cui clicchi invio sulla pagina della maratona di turno sei consapevole che farai di tutto per arrivare fino in fondo, un “patto lievemente masochistico” lo definisce. Ed è vero.
Le dirette conseguenze le potete leggere ogni lunedì mattina sulle bacheche di Facebook. Micromondi allucinati da cui tutti, almeno una volta, entriamo e usciamo. L’eroe del giorno dopo, l’immenso della settimana corrente. Chi legge da fuori resta spiazzato.
Le parole sono importanti vero Saverio? “Il termine “Eroe” andrebbe usato a gocce. Un atto eroico non e’ riferito esclusivamente alla propria persona, è un sacrificio che ha come conseguenza diretta un bene comune”. E allora cosa c’è di bene sociale nel correre in silenzio sotto la tempesta o per 100 km di asfalto?
“Lo ha fatto semplicemente e unicamente per se stesso”, riferisce Saverio.
Siamo tutti degli asceti del week end, pallottolieri della medaglia, 20, 40, 80, 100 maratone per il solo fine di sentirci elevati al grado eroico della comunità. Il tutto con prenotazione di albergo a tre stelle in zona partenza e treno scontato al ritorno.
L’eroe non prenota il suo ruolo, non sa che sarà unico, noi, invece, viviamo una realtà aumentata, un micromondo esaltato dai nostri pettorali con spillette.
L’analisi di Fattori non dà tregua alle interpretazioni del testo, “gli atti eroici sono dettati dall’istinto, gesti che influenzano in positivo il destino di altri esseri umani, anche se l’impulso scatenante non era stato quello”.
Sarebbe necessario riconsiderare testi e gesti, rimetterli su un piano grammaticale più elementare, semplice e naturale come la corsa. Forse ci sarebbe una migliore interpretazione del nostro mondo e lo vedremmo meno immenso, meno grande e al tempo stesso alla portata anche di chi non sarà mai un eroe. Ma vuole solo correre e prendersi meno sul serio.