Francesco Fagnani, quando lo sport diventa la scusa per non mangiare

A seguito dell’articolo che ripercorre la grave situazione in Italia dei disturbi del comportamento alimentare, abbiamo chiesto a Francesco Fagnani, Dottore in dietistica e nutrizionista sportivo, se nel mondo dello sport ci sono abitudini alimentari distorte, comportamenti compulsivi e ossessivi giustificati dalla performance in gara o in allenamento.

Francesco Fagnani

1- Nel mondo dello sport amatoriale hai modo di riconoscere dei campanelli di allarme da cui possono scaturire dei disturbi alimentari più gravi?

I “campanelli d’allarme” più comuni sono: l’attenzione maniacale al peso, il paziente si pesa costantemente ogni giorno, anche più volte al giorno, pratica priva di senso e rigore logico essendo il peso corporeo facilmente influenzabile da fattori come ritenzione, mancata evacuazione, riserve di glicogeno che variano in base al tipo di allenamento sostenuto, eventuali stati di disidratazione indotti dall’esercizio.

La paura del cibo, il paziente in questo caso mostra, in maniera esplicita o in modo molto velato la sua estrema preoccupazione nel mangiare, per paura di aumentare di peso, giustificando spesso la sua opposizione al seguire i suggerimenti alimentari, con aneddoti inventati spesso “pseudoscientifici” [vedi pseduo intolleranze o allergie]  o convincimenti dettati da tabù alimentari ormai radicati da anni e che hanno completamente distorto il rapporto con il cibo

Eliminazione settoriale di alcune categorie di alimenti o di macronutrienti, decisione priva di alcun test specifico che diagnostichi una intolleranza certa, di alcuni alimenti come i farinacei  o i formaggi spesso demonizzati con motivazioni senza fondamento scientifico, ma in realtà evitati perchè reputati dal paziente “grassi”

Altri campanelli risiedono nella gestualità del paziente, come il “sistemarsi” continuamente in maniera ossessiva la maglietta nella zona addominale o dei fianchi, o ancora toccare la zona addominale in maniera ricorrente. Potremmo continuare all’infinito.

2- E in questo nostro mondo quali sono i casi più ricorrenti di evidenti disturbi ?

Nel mondo del running, nello specifico, vi è una attenzione particolare ai dettagli, ai secondi, alla tabella di allenamento, spesso quando questo focalizzarsi sui dettagli è figlio di uno spostamento di attenzione necessario per evadere da situazioni o elementi di vita che incidono negativamente sul nostro umore.

Così facendo rischia di diventare ossessivo e permeare tanti altri aspetti comportamentali, che nella maggioranza dei casi si riflettono sull’attenzione al cibo e soprattutto al peso corporeo, un altro dato da misurare oltre al tempo ed ai secondi a km.

Per questo nel mio lavoro cerco di evitare approcci al cibo che esulino completamente dall’importante aspetto edonistico del cibo ed invito gli allenatori con cui collaboro e agli amatori che ho il piacere di seguire, a mettere davanti sempre in primis il divertimento alla performance e al rispetto maniacale dei secondi.

3- In qualità di dottore in dietistica e nutrizionista sportivo come ti approcci e se riesci a smuovere nella fase iniziale di un eventuale disturbo andando a incidere l’ossessione sul corpo?

Ritengo importantissimo focalizzare ed individuare l’approccio alla “dieta” che il paziente ha in mente, per correggerla e quindi indirizzarlo in quello che dovrà essere  il suo percorso di riappacificazione o di riequilibrio nel rapporto con il cibo.

“la dieta non esiste” : “dieta” infatti non è un qualcosa di folle da perseguire scrupolosamente in maniera maniacale per un periodo di tempo limitato, con il fine ultimo di una perdita di peso;

“Dieta” è cambiamento di abitudini, è voglia di far proprio uno stile alimentare, perchè flessibile, vario, attuabile e perchè ci permette di concederci in tutta serenità anche un sano “strappo alla regola” quando ci si ritrova in un’occasione conviviale.

La consapevolezza è tutto, la consapevolezza rende liberi, subire una restrizione, non educa e non fornisce nessuno strumento al paziente per raggiungere quell’equilibrio che ogni nutrizionista dovrebbe far raggiungere ai propri assistiti, diventare il nutrizionista di se stesso.

D’altronde “È più difficile mangiare con equilibrio e leggerezza che digiunare completamente. L’equilibrio richiede consapevolezza. La rinuncia richiede solo la tirannia della volontà.

4- Lo sport è spesso una scusa per modificare il proprio corpo, quando una/un atleta arriva da te e capisci che sta inseguendo un modello sbagliato o inarrivabile di canone di bellezza come provi a fargli cambiare strada?

Solitamente un/una atleta che arriva da me ha in mente il miglioramento della performance come scopo ultimo, sovente non tenendo minimamente conto del suo corpo di uomo o di donna.

Talvolta il concetto del “meno peso e più andrò forte” viene esasperato a tal punto, da sfociare nel patologico.

Cerco sempre, ovviamente soprattutto in ambito amatoriale, di far riflettere il paziente, distogliendolo dalla ricerca di una magrezza eccessiva e non salutare, ricordando che siamo in primis uomini e donne, mariti e mogli, compagni e compagne, e in secondo luogo abbiamo una passione per uno sport meraviglioso; le passioni devono dare energia migliorando la qualità di vita, non costringerci o distrarci da ciò che è realmente importante, queste  devono essere un booster per la nostra fiamma non polvere che la soffoca.

5- Quando è la famiglia che ti sottopone il caso di un figlio che sta vivendo un disturbo alimentare, la figura del nutrizionista ha ancora margini per agire al fine di cambiare il destino di un giovane dal punto di vista nutrizionale?

Quando un genitore si decide di far intraprendere un percorso nutrizionale al proprio figlio/figlia perchè si è reso conto di una problematica comportamentale in tal senso, è quasi in tutti i casi “troppo tardi”.

Ovviamente non si deve colpevolizzare il genitore, sarebbe contro natura per un genitore, notando degli strani comportamenti del proprio figlio, non tentare da solo come suo tutore di correggerlo e di “aprire gli occhi” al ragazzo/ragazza.

Prima di arrivare alla decisione di indirizzare ad un professionista il proprio figlio passano molti mesi e quei pensieri ossessivi sul cibo e sul peso attecchiscono sempre di più. Infatti numerosi sono i casi in cui il lavoro di equipe con lo  psicoterapeuta  (sempre da prediligere in qualsiasi entità del disturbo alimentare) diventa necessario e quasi sempre vincente.

Ci sono poi fortunatamente moltissimi esempi di risoluzione di atteggiamenti sbagliati nei confronti del cibo , poichè di entità molto sfumata, che necessitano solo di un rasserenamento e di una consapevolezza che c’è dietro la scelta alimentare e la giusta ricerca di soddisfacimento nel cibo.

Francesco Fagnani

fagnaninutrition.it/
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