“Era la vittoria dei visionari, dei sognatori, di quelli che non si arrendono, di quelli che lavorano sodo, in qualsiasi settore dell’umana attività, per raggiungere il proprio massimo” era il primo novembre del 1998 e Franca Fiacconi diventa la regina di New York prima e unica donna italiana con un tempo di 2:25’17” a conquistare quel podio.
Oggi l’abbiamo incontrata e ci siamo fatti raccontare qualcosa su di lei:
- Sei il nostro orgoglio italiano al femminile poche donne scelgono di correre su lunghe distanze, tendenzialmente in maratona il pubblico maschile è più presente. Tu quando e come hai iniziato a correre e cosa ti ha spinto dopo la vittoria della Roma-Ostia a partecipare alla maratona?
Io ho iniziato a correre nel 1978 partecipando ad una gara giovanile a Piazza Navona a Roma. Senza allenamento corsi i tre giri della piazza con le ragazze più grandi poiché la gara delle atlete della mia categoria si era già svolta. Partii a razzo non sapendo come si gestisce una gara lunga, mi era chiara solo una cosa: volevo vincere. alla fine dopo essere stata in testa per tutta la gara arrivai terza allo sprint. Quel giorno nacque il mio grande amore per la corsa. Così inizia ad allenarmi da sola facendo i giri intorno al palazzo dove abitavo nel mio quartiere natio a Roma: l’Alberone, così chiamato perché c’era una quercia centenaria talmente grande da caratterizzare il quartiere. Il mio palazzo, insieme all’edificio del Poligrafico dello Stato formava una specie di anello circolare lungo circa 400mt: io correvo lì e mia madre mi guardava dalla finestra. nel quartiere ero: “quella che corre”.
Così iniziai con l’attività giovanile, partecipando ai Giochi della Gioventù con la scuola e alle gare giovanili della Fidal, diventando una delle migliori mezzofondiste italiane a livello Junior (correvo sulle distanze dei 1500mt e 300mt in pista, oltre alle gare di corsa campestre).
- C’è stato un incontro che ti ha fatto capire dove potevi arrivare?
Certo e avvenne quando, causa degli studi (mi iscrissi alla facoltà di architettura) limitai il mio impegno con la corsa, ma che ricominciò impetuosamente nel 1988 quando conobbi Oscar Barletta, il “mago” della maratona femminile in Italia. Oscar aveva una capacità straordinaria di trasmettere entusiasmo per la maratona, distanza che io non volevo correre poiché negli anni ’80 veniva definita come “la gara dei mezzofondisti a fine carriera” (ed io avevo solo 23 anni).
Oscar mi convinse dicendomi apertamente che io non dovevo perdere tempo con le distanze brevi perché la mia gara erano i 42K. Accettai la sfida lanciatami da Oscar ed il 1 maggio 1989, a 23 anni e mezzo feci il mio esordio alla maratona di Roma. Gli amici amatori con i quali avevo svolto molti allenamenti si offrirono di accompagnarmi ognuno cercando di darmi consigli preziosi ma non sapevano (e non lo sapevo nemmeno io) che più correvo e più andavo forte, in pratica uno dopo l’altro dovettero fermarsi perché non ce la facevano a starmi dietro: io arrivai seconda (la prima fu una keniana) in 2h49’.
Fu il colpo di fulmine con la maratona. quel giorno decisi che se dovevo correre era per fare maratone, nient’altro che maratone. In quest’ottica cambia gli studi universitari (feci i tre anni di ISEF e successivamente la laurea quadriannale in Scienze Motorie con specializzazione in Scienza e Tecnica delle attività Sportive)
- Che consiglio daresti a chi vorrebbe correre la sua prima maratona? Sei un’allenatrice oggi, come prepari i tuoi allievi?
Qualsiasi persona in buono stato di salute, con la giusta preparazione, adeguata all’età ed ai trascorsi sportivi passati, può correre una maratona in totale sicurezza. La prima regola fondamentale è effettuare la visita medica sportiva per ottenere l’idoneità all’attività agonistica. Mediamente una persona con i requisiti che ho citato precedentemente può correre una maratona dopo 10 mesi dall’inizio della preparazione. Un altro aspetto fondamentale nella maratona è la cura del peso: prima di iniziare a puntare alla maratona consiglierei di smaltire i kg in eccesso (relativamente alla propria struttura) facendosi seguire da un bravo nutrizionista, poiché il peso eccessivo nella corsa di lunga distanza può creare molti problemi alle articolazioni. Infatti nella preparazione della maratona i km da percorrere per prepararsi bene sono tanti.
- Che sensazione hai provato quando a New York hai visto da lontano il nastro della vittoria? Cosa ha significato per te? Com’è attraversare quel ponte e quelle strade?
Il 1998 fu per me un anno speciale: vinsi la RomaOstia, la Maratona di Roma, il Campionato italiano alla Maratona di Torino e poi la medaglia di legno (4 posto) ai Campionati Europei. Fu proprio la delusione del quarto posto ai campionati europei ( che mi ero preparata per vincerli ma una brutta influenza dell’ultimo secondo aveva condizionato la mia postazione ) a convincermi a partecipare ad una ulteriore maratona: la Maratona di NY, gara in cui ero arrivata già seconda nel 1996 e terza nel 1997.
Quel giorno, il 1 novembre del 1998 andai allo start con una serenità incredibile, malgrado fossero presenti avversarie, fortissime, in particolare la Keniana Tegla Lourupe, primatista mondiale, unica donna che correva la maratona in 2h20’ e che aveva già vinto a NY. Volevo vincere, non mi sarei accontentata di arrivare di nuovo seconda.
Fu un duello sportivo incredibile con la primatista mondiale: le altre dietro ad aspettare che una di noi due scoppiasse: entrambe volevamo il primo posto e andammo avanti a colpi di cambio passo, di sguardi determinati e di osservazione di un minimo di cedimento l’una da parte dell’altra. Conoscendo la mia avversaria principale che soffriva le salite mi dissi ” se entro per prima in Central Park ho vinto la gara”. All’epoca il percorso era decisamente più duro di quello odierno poiché si entrava in anticipo in Central park tramite uno strappo in salita durissimo. Così fu, staccai la Lourupe su quello strappo e volai verso il traguardo.
L’ultimo tratto della gara correvo e ridevo volevo abbracciare il mondo intero, volevo abbracciare l’italia e tutte quelle persone che che avevano sperato con me quella vittoria. Era la vittoria dei visionari, dei sognatori, di quelli che non si arrendono, di quelli che lavorano sodo, in qualsiasi settore dell’umana attività, per raggiungere il proprio massimo.
- Fino a che punto si può amare la corsa? pensi che questo amore nel tempo possa finire?
Penso che il vero amore e la vera passione per la corsa siano un qualcosa che non può finire mai. Molte volte mi sono domandata: da dove viene questa voglia di fare uno sport dove essenzialmente si fa fatica ma ci si diverte e si sta bene nella fatica stessa. Non sono mai riuscita a darmi una risposta, ma forse è una domanda senza senso, perché la corsa è un qualcosa di talmente profondo, atavico che non ci può essere risposta e quindi non ci deve essere domanda. E’ così e basta. Come l’amore, quello vero.
- A quali compromessi/adattamenti l’atleta di alto livello deve sottostare per mantenere una buona efficienza nel gesto della corsa anche in età non più giovane?
Purtroppo con l’età i tempi di recupero diventano più elevati, quindi non si possono più affrontare i carichi dai allenamento che si effettuano da giovani. Quindi se non si vuole ricevere delusioni occorre abbandonare l’attività di alto livello al momento giusto e divertirsi allenandosi a livello amatoriale ed accettando di correre molto più piano.
Io posso dire la passione è sempre grande ma ora è più divertente: perché da campionessa dovevo allenarmi due volte al giorno facendo più di 200km a settimana e dovevo allenarmi con qualsiasi condizione climatica e anche quando mi sentivo stanca. Oggi mi alleno 2 -3 volte a settimana quando mi va, se mi sento bene, se il tempo è bello..insomma mi godo la parte più bella della corsa e continuo a partecipare alle maratone sfidando sempre me stessa, che è una cosa bellissima.
- Come vedi il mondo del running tra dieci anni?
Il running in Italia ha avuto una evoluzione grandissima negli ultimi 10-15 anni. In particolare Oggi, oltre a tantissimi uomini si vedono tantissime donne anche alle 5-6 del mattino che vanno correre, questo la dice lunga su quello che sta accadendo: una rivoluzione sportiva e a me fa tanto piacere ovviamente. Il dato interessante è che molti corrono per il piacere di correre e spesso nemmeno partecipano alle gare. Apprezzano il grande senso di libertà della corsa, l’efficienza che ti dà, il benessere, la felicità.
Io faccio spesso questa battuta: “se volete litigare con me accertatevi che io abbia già fatto una bella corsetta, sarò la persona più pacifica del mondo”. La corsa ti fa essere meno stressato e più disponibile con gli altri.
Tra dieci anni vedo la partecipazione alle corse con lo stesso numero di partecipanti uomini e donne.
- E tu da donna runner come ti vedi tra 10 anni?
Tra dieci anni spero di essere ancora in giro per le strade del mondo a correre le mie amate maratone, in particolare quella di New York.
Qual’è il segreto? Non smettere mai di sognare
“anche se niente è come sembra, ho un cassetto pieno di sogni…non c’è niente che tu non possa fare ora sei a New York! queste strade ti faranno sentire nuovo”
Buona maratona di New York a tutti !
Grazie Franca
Dominga Scalisi