Ci sono delle volte in cui, per il piacere di vivere la Maratona in città, scendi in strada come spettatore e supporter degli amici in gara.
È bellissimo vedere passare i tanti runner delle prime due ore.
Superati i primi passaggi di quelli che volano, dopo un po’ ecco i gruppi di pacer con al seguito tanti runner che iniziano ad amalgamare il tuo orizzonte visivo che si restringe in pochi metri.
Gli occhi puntati sulle maglie colorate si omologano a una scena senza più differenze.
La selezione dei volti che facevi con i primi si uniforma in una scansione di sorrisi e sguardi che fai fatica a evidenziare uno per uno.
Così ecco che ti ritrovi a sentire loro, i runner amici, che ti chiamano e tu che davanti a un fiume di sguardi inizi a non capirci più niente.
Resti un po’ imbambolato, con lo sguardo perso saluti gente che non conosci, resti immobile davanti a chi conosci e per non offendere nessuno fai partire la lotteria dei nomi di chi corre.
A questo punto la melassa podistica è servita.
Malgrado ciò ne riconosci il volto, ne distingui la squadra, sei perfettamente consapevole che in un micro secondo elabori un pensiero con dentro:
nome, amico, incitalo con il suo di nome!
Invece, per colpa di una mente non più reattiva e provato dalle tante ore in giro per la città inizi a dire:
“eccolo si dai come se chiama lui dai…”
La testa fa un triplo salto mortale tra i profili social, foto su Instagram e memorie sbiadite di gare podistiche e in quell’attimo fuggente in cui non cogli alcuna certezza la sola cosa che ti viene da dire è: “ daje coso”.
Alla prossima maratona se ve riconosco.