Ti svegli, come al solito, alle 5 del mattino. Ma oggi ti rigiri nel letto, stringendo il cuscino, con la speranza di concederti ancora dieci minuti di riposo. A volte quei dieci minuti diventano venti, altre volte un’ora. È in quel bivio transitorio che decidi se sarà una giornata positiva o negativa per andare a correre.
Tutto dipende da come suona la sveglia, dalle notti insonni, quelle in cui vai a letto presto perché il giorno dopo hai un impegno: devi correre con un amico e non puoi permetterti di non alzarti.
Sono notti piene di pensieri, di quelli che ci affollano la mente. E così, ti alzi, ti prepari un caffè e cerchi di aprire gli occhi al mondo. È l’alba, con i suoi colori inconfondibili e i profumi freschi che sanno di nuova vita.
Indossi la tua “divisa” da runner, sempre gli stessi abiti, perché sono quelli che ti fanno sentire a tuo agio. Non importa che tempo faccia: pioggia, freddo, caldo o vento, tu correrai comunque.
Spesso mi chiedono: “Ma come fai?” o “Hai finito di correre con questo caldo?”. Io rispondo che la corsa che ho dentro non si ferma mai. Non si arresta quel senso di irrequietezza che devi placare, altrimenti passerai la giornata agitata. Ma cosa ne sanno, penso io, forse sono gli stessi che evitano di portare due buste al supermercato perché sudano troppo.
A volte mi chiedono dove corro. A me piace la zona dove vivo, anche se mi diverte cambiare percorsi, vedere gente nuova, magari affetta dalla mia stessa “patologia”.
Correre nel mio quartiere mi fa sentire tranquilla. Qui mi conoscono tutti. Se chiedi di Dominga, ti rispondono: “Ah, quella che corre!”
È un po’ come vivere in un piccolo paese. Il paesaggio è campestre: le pecore puoi contarle, le mucche pascolano tranquille e i cavalli sanno sempre a che ora rientrare.
Il miglior posto per correre è quello dove ti senti a casa tua. Conosco ormai tutti i cani pastore della zona, e loro hanno capito che non sono una minaccia. Ci rispettiamo. Se stanno lavorando, mi fermo e cammino, poi riprendo a correre più in là, senza mai guardarli negli occhi, perché non si fa: lo prenderebbero come una sfida.
Quando qualcuno mi dice che ha paura, rispondo che è solo una scusa. Ho imparato a gestirla, la paura, lasciandola a casa alle 5:30 del mattino.
L’aria che si respira è pulita, il cielo inizia dalle montagne e sembra non finire mai. Puoi perdertici dentro. A volte aspetto che faccia giorno, sentendomi fortunata di poter osservare come cambia l’orizzonte. Anche se intorno non c’è niente, è proprio grazie a questo spazio che mi sento viva.