Correre a Tel-Aviv per non pensare alla guerra

Il 6 febbraio scorso a Tel Aviv si è svolta la quindicesima maratona cittadina, un evento che ogni anno richiama migliaia di persone. Tanti italiani, vi prendono parte, per un week end di sport, storia e cultura in Terra Santa. La comunità di runnner israeliana è molto attiva, partecipa a gare nel mondo e anima il lungo mare di Tel-Aviv e non solo.

La maratona di Tel-Aviv

La guerra nella Striscia di Gaza tra lo Stato di Israele e il gruppo terroristico di Hamas, iniziata il 7 ottobre 2023 come conseguenza dell’attacco di Hamas a Israele, ha stravolto la vita di tutti. Abbiamo provato a capire la situazione odierna in città, grazie a un gruppo di appassionati di podismo, il Tel-Aviv Runners Club.

A parlare è Daniel Keren, allenatore e responsabile del gruppo sportivo. Lo abbiamo raggiunto ed è nata una conversazione in cui ci ha raccontato come sono cambiate le loro abitudini, anche sportive, dall’inizio della guerra.

La mattina di sabato 7 ottobre 2023 un gruppo di runner della squadra si era ritrovato, per un fine settimana di allenamento, sulle Colline della Giudea, appena fuori Gerusalemme. Nelle prime fasi della corsa sono arrivate le notizie di un attacco missilistico da parte di Hamas verso Israele. “Anche se è impensabile per chi vive in un paese pacifico, noi ci siamo in qualche modo abituati a questi attacchi, e abbiamo continuato la corsa.” – ha commentato Daniel.

Ma la situazione è precipitata di lì a poco, perché ad un certo punto, dopo che le sirene e le esplosioni sono diventate più frequenti e più vicine, il gruppo ha capito che stava accadendo qualcosa di diverso e i runners sono scappati a casa.

Atleti del Tel Aviv Running Team durante gli allenamenti sulle colline

Il resto è storia.

Daniel parla con commozione sui fatti del 7 ottobre, dove “più di 1200 cittadini israeliani sono stati assassinati, torturati, bruciati a morte, decapitati, rapiti e alcuni sono stati stuprati. Questi numeri includono neonati, bambini e anziani.”

Lo shock e l’orrore hanno pietrificato la comunità e l’idea di fare sport non era neppure pensabile.

“Il dolore era troppo” – confessa Daniel –  “ Ci sono volute due settimane per ritrovare l’energia e raccogliere i nostri cuori infranti per tornare a correre.”

Anche in occasione di un’intervista a maratoneti Ucraini, la corsa in zona di guerra è usata per non pensare, per scaricare lo stress grazie all’esercizio fisico. Così come a Rivne, città a circa 300 km da Kyiv ci si è abituati ad allenarsi con il suono degli allarmi antiaerei, con prudenza e attenzione, a Tel-Aviv corrono in prossimità dei rifugi nel caso di attacchi missilistici.

Dopo i primi allenamenti hanno ripreso a correre con regolarità, alternando fatica e paura se le sirene suonavano, “allenamento a grande velocità” – ci racconta Daniel, sdrammatizzando in una realtà surreale, quanto tragica.

Alcuni dei membri del Club di Tel-Aviv sono stati arruolati nell’esercito, altri hanno perso i loro cari in guerra e altri hanno ancora amici e familiari tra gli ostaggi a Gaza. Israele è un piccolo paese e quasi tutti, direttamente o indirettamente, conoscono qualcuno che ha perso la vita in guerra.

In quei tempi, come era già successo nel periodo pandemico, la corsa si è rivelata molto utile, sia dal punto di vista fisico che da quello sociologico e mentale. La comunità podistica si è unita per avere un’influenza politica, in Israele e in tutto il mondo, essendo strumentale nel sostenere la liberazione degli ostaggi da Gaza, con corse spontanee per protestare contro i rapimenti dei cittadini israeliani da parte di Hamas, e si sono fatte sentire dalle Filippine alla Francia, dagli Stati Uniti, all’Argentina.

In queste settimane, un amico del Tel Aviv Running Club è partito dall’Italia, come gesto di solidarietà e sostegno, soggiornando in un albergo in città. Era l’unico turista e probabilmente uno dei pochi in Israele. Tutti gli altri “ospiti” della struttura erano israeliani evacuati dalle loro case in zona di guerra.

Le corse a Tel Aviv sono diventate altro, non c’è più la libertà di un tempo e durante i fine settimana i runner abituati a correre in montagna, hanno preferito non lasciare la città per non allontanarsi troppo dalle loro case.

Da parte delle autorità non ci son particolari divieti per le attività all’aperto, ma la paura del 7 ottobre, quando diversi atleti sono stati assassinati durante il loro allenamento del week end, ha fatto sì che l’intera comunità seguisse tutte le precauzioni del caso.

“Quello che stiamo vivendo è tragico, orribile e terribilmente triste. Inutile dire che molte persone hanno pagato il prezzo più alto con la loro vita, la vita dei loro cari, il numero di lesioni e gli effetti traumatici a lungo termine. Non ho dubbi che lo sport possa alleviare parte del peso mentale a lungo termine”.

Durante il primo giorno di guerra gli appassionati di running israeliani hanno ricevuto molti messaggi da tutto il mondo.

Da amici runner in paesi musulmani come Egitto, Giordania, Marocco, e da tutte le altre parti del mondo Tanzania, Nepal, Grecia, USA, Regno Unito, Italia e altri ancora.

Il loro rapporto con gli amici palestinesi è rimasto immutato. Nel corso degli anni, molti israeliani hanno dedicato tempo e sforzi per aiutare i palestinesi a ricevere cure mediche adeguate negli ospedali israeliani. A parte l’assistenza medica che ricevettero negli ospedali da medici e personale israeliano, molti volontari hanno partecipato al trasporto di pazienti tra Gaza e gli ospedali. Questo è continuato per molti anni e le relazioni personali si sono sviluppate negli anni tra i volontari e i pazienti e le loro famiglie.

Alcuni di questi volontari sono membri del Kibbutz (comunità collettiva, tradizionalmente agraria) nei dintorni di Gaza, che ha sofferto più vittime durante il massacro del 7 ottobre. In alcuni casi, un terzo dell’intera popolazione è stata uccisa. In contrasto con le condoglianze schiaccianti ricevute dagli israeliani di tutto il mondo, il silenzio assoluto dei loro amici palestinesi è stato assordante.

Un corto circuito umano che ha alimentato l’odio di queste settimane di guerra. Oggi non sappiamo cosa potrà fare ancora lo sport, di sicuro può allentare la tensione, riflettendo le paure in una fuga che ha poco di atletico e molto di angosciante.

 

 

Marco Raffaelli
Appassionato dello sport e di tutte le storie ad esso legate. Maratoneta ormai in pensione continua a correre nuotare pedalare parlare e scrivere spesso il tutto in ordine sparso