Dopo i primi 50 minuti di una riunione in ufficio, il podista medio ha già perso ampiamente il filo del discorso, l’ordine del giorno e persino l’oggetto della convocazione.
Il motivo è piuttosto semplice: il podista medio pensa alla sua passione podistica per circa 23 ore e 30 minuti al giorno. Questo porta inevitabilmente a una scissione tra i suoi pensieri e ciò che accade intorno a lui. Durante una qualsiasi riunione, la sua mente vaga verso macro-temi come allenamenti da fare o già svolti, gare in programma e da disputare, trasferte, scarpe da running, meteo per il weekend e mille altri dettagli legati alla corsa.
Per chi lavora in un contesto tipicamente sedentario, questa passione può risultare difficile da comprendere, quasi aliena. Mentre la maggior parte dei colleghi pensa alle pause caffè o al prossimo pranzo, il podista medio è già mentalmente sulla strada, calcolando i chilometri da percorrere nel tardo pomeriggio o ripassando i dettagli dell’ultima gara. Chi lo conosce bene ha imparato a tollerare questo suo comportamento, lasciandolo sereno nel suo mondo parallelo. Chi non lo conosce, invece, spesso rimane perplesso di fronte al suo volto assorto, intento a fissare il display del Garmin, e agli appunti fatti di sigle incomprensibili che sembrano codici cifrati: chilometri, tempi, luoghi e spese di trasferte future.
Il vero scontro di mondi, però, si verifica quando il podista prova a spiegare il bello della corsa. Per lui, è tutto limpido: la corsa è una disciplina che dà libertà, forza e un senso di sfida personale. Per gli altri, abituati a ritmi più statici, questo entusiasmo può sembrare un’ossessione irragionevole, qualcosa di totalmente al di fuori della loro esperienza quotidiana. Eppure, il podista medio non si arrende. Ogni lunedì mattina arriva in ufficio con la sua medaglia appena conquistata e un racconto dettagliato della gara del giorno prima: dislivelli, vento contrario, record personali. Per lui è una celebrazione; per gli altri, spesso, una lunga lista di cose difficili da capire o, peggio, del tutto indifferenti.
Non è raro che provi a evangelizzare i colleghi.
Racconta i benefici del running per il corpo e la mente, elogia la bellezza di alzarsi presto per correre all’alba o la sensazione di benessere dopo una lunga corsa. Ma in un ambiente dove la sedentarietà è la norma, i suoi discorsi raramente attecchiscono. La corsa, con i suoi sacrifici e la sua disciplina, può sembrare una fatica inutile a chi è abituato a ritmi più tranquilli.
Eppure, avere un podista medio in ufficio non è un dramma, purché si riesca a gestirlo. Il vero rischio è lasciarsi intrappolare nei suoi interminabili monologhi sulla corsa, che possono invadere persino la pausa caffè. In quei momenti, pagargli un espresso diventa una strategia di sopravvivenza: un piccolo prezzo da pagare per riportarlo alla scrivania e riprendere il lavoro.
Alla fine, però, c’è un aspetto positivo: il podista medio, con il suo entusiasmo e la sua dedizione, porta in ufficio una piccola ventata di energia, anche se non sempre viene capita. Chissà, magari un giorno, tra una riunione e l’altra, riuscirà davvero a convincere qualcuno ad allacciarsi le scarpe e a fare i primi passi verso quel mondo che per lui è così straordinario.