Manuel il pilota, dal volo al sogno del triathlon

Manuel è un pilota di linea. Sta seduto in cabina, chiuso e protetto, illuminato dai led della plancia di comando e dal sole che sorge all’orizzonte. Da sempre anello di congiunzione di un mondo che cambia ad ogni rotazione. Un mestiere silenzioso e difficile il suo, segno dei tempi e a volte ostaggio dei tempi. È una certezza per la nostra sicurezza e il bisogno di essere ovunque vogliamo andare. Gli piace volare, lo fa da sempre, prima per passione poi per professione. Non si è mai abituato alla magia di arrivare fino in cielo, toccare con mano la vastità e in poco tempo tornare nel suo letto. Inizia tutto da li.

Dalle ore di sonno che cerca di salvare e farne tesoro per poi essere pronto per il decollo previsto. Orari pesanti, è ovvio, ma a Manuel piace. Stanotte sarà un volo “ferry”. Niente passeggeri, solo piloti. Gente che con la notte ha un rapporto particolare. Il sonno è un complice se lo sai amministrare. Con il buio i gesti usuali trovano il loro spazio: la cena, il pranzo, lo sport si adeguano a lancette di un orologio che segna istanti di un bioritmo mutato ma che ormai è anch’esso un alleato e non più un nemico.

Il suo Airbus 319 sta tagliando l’atmosfera ad una velocità di 700km/h, sotto di lui le luci di un mondo addormentato. Manuel e il collega, in silenzio, si godono istanti unici, filano più silenziosi grazie alla notte. Disegnano una rotta che apre un sipario e con le luci dell’aereo sono un occhio di bue sulle nostre fantasie da bambini. Piccoli principi con occhiali da aviatori e sciarpe che volano via con il vento. Via come la sua bici sulle discese dopo un valico di montagna. Via come l’ultimo chilometro prima di un traguardo di corsa…
Gli piace vedere i paesi e le città lontane illuminate dall’alba. Immagina i chilometri di strada che potrebbe correre e che traccia nella sua testa. Scruta le coste del mediterraneo e sogna di poter essere un supereroe che grazie alla forza di braccia e gambe nuota tra le insenature e i porti senza fermarsi mai. La strada di un atleta non ha limiti, come il cielo. Manuel è un uomo che vola, è un atleta di triathlon che tocca gli elementi e di cui si nutre come fosse un doping naturale.
Aria, terra, acqua, tre velocità su cui far volare i suoi pensieri. Ad ogni viaggio trattiene energie nuove. La tabella di marcia cambia con il foglio dei turni, e allenarsi su un tapis roulant in una palestra d’albergo o girare in un parcheggio di un hotel alla periferia di Beirut non lo spaventa più. Manuel è un vampiro che trattiene ogni goccia di tempo e spazio, per non perdere il contatto con nessuna delle sostanze per lui vitale.

Aria, terra, acqua. Nuoti dove il tempo ti porta, allunghi il braccio verso il blocco di una piscina di New York o dentro il mare blu delle spiagge di Alghero. Stare in acqua è un po’ come volare, senza peso, in silenzio, e con la linea del fondo della vasca a farti compagnia. Pensi solo a nuotare, avanti e indietro, senza sosta, come su una rotta aerea. La riga è al suo posto, immobile. Te, come nella vita, ti affanni a cambiare direzione, spingi, ogni 50 metri, veloce più che puoi rubando secondi e spazio. Intorno a te, anzi sotto di te, la vita scorre sopra ai quadratini blu, in un mosaico di incastri e precise geometrie di fatti e persone. Come dall’alto di un volo componi un puzzle di tutto quanto forma la terra e la tua vita.  Nuoti e tutto si allontana, decolli e gli amori, i sentimenti sono a tratti irraggiungibili. Spingi con le gambe e fatichi, massima velocità al decollo, ancora una bracciata e il blocco ti ferma, respiri, tiri il fiato, ti vorresti arrendere e rinunciare, ma non fa per te.  Allunghi le braccia girano vorticose tra i mille spruzzi, turbinii di motori tra le nuvole, respiri profondi e adrenalina da accelerazione. Piano piano la retta si avvicina, le emozioni che porta con se sono quasi al tuo cospetto, ti manca poco il fondo è sempre più vicino, 1 2 3 e le gambe toccano terra; 3 2 1 e il colpo dei pneumatici ti riporta un respiro a riposo. Sei al tuo posto, via la cuffia, gli occhialini, sorridi, bello come il tuo volo.

Aria, terra, acqua. Corri come fossi parte di una comunità di uomini Terik della zona centrale della Rift Valley in kenya. Hai in mano una lancia, la tieni stretta come la cloche in cabina. Ti aiuta a tenere il passo, ti protegge dai rami, come una manovra ad evitare le perturbazioni in volo.
Corri nel deserto, scalzo e con la pelle bruciata dal sole, voli in picchiata come a non voler sentire il calore che da sotto ti infiamma la gola. Sei sul biplano narrato da Karen Blixen ne “La mia Africa”, un moderno Icaro che corre senza paura. Questa è la tua corsa nel mondo: dal Puente de la Mujer a Buenos Aires alla pista di atletica dell’Arena Civica di Milano. Il tuo bisogno di essere libero è una finta verità. Sei un cittadino che rispetta sè stesso e si crea dei recinti vitali. Una mossa vincente per non perdere il passo. Energia pura, primordiale azione di un eroe moderno. Manuel è un sognatore che trova un altipiano su cui correre anche dentro l’ultimo chilometro di una maratona. Gocce di sudore sul volto e ghiaccio sulle ali di un aereo, segnali inconfondibili, figli di una consapevolezza nata sul campo, in pista e nella polvere che respiri ad ogni chilometro corso.

Aria, terra, acqua. Pedali e sei una cosa sola con la tua bici, azione e reazione di un comando senza circuiti, sei catena che muove l’ingranaggio. L’opposto di quanto sai fare, spingere un bestione da 75 tonnellate alla massima velocità. Le tue gambe e i tuoi polmoni ti portano in cima alla vetta, sei un paladino della purezza, ti riprendi quella forza naturale che sa essere sincera e senza mediazione. Una salita e sei ancora tu, la fase peggiore del tuo viaggio, ma quella necessaria per non fermarsi mai. Un decollo dove il tuo lattato è al massimo, il consumo di ossigeno è al limite. Ogni fibra muscolare chiede e implora ancora benzina ai polmoni e non ti vuoi arrestare perché sai che lì in alto l’aria è più buona. Sazierai la tua fame, pedalerai con il tuo pilota automatico che ha imparato a non cadere, a restare in equilibrio, senza rotelle, senza paracadute, senza cintura, senza paura.

Marco Raffaelli
Appassionato dello sport e di tutte le storie ad esso legate. Maratoneta ormai in pensione continua a correre nuotare pedalare parlare e scrivere spesso il tutto in ordine sparso