Ci sono vite atletiche che sanno di epico, di strutturalmente perfetto e mentalmente inarrestabile. Di uomini a cui la caparbietà e forza di volontà hanno delineato un orizzonte sportivo senza nuvole.
Questa è la storia di un uomo che possiamo appaiare ai grandi nomi dello sport nazionale. Che ha toccato i limiti della gloria sportiva seppur a un’età ormai adulta.
Lui è Antonio Trabucco la locomotiva romana.
Definirlo così onora la sua carriera e quella di Emil Zatopek, entrambi, a loro modo, sono stati simbolo e punto di riferimento per generazioni di podisti.
Antonio Trabucco, oggi 73 enne, ha una carriera alle spalle da brividi e fa ancora da sfondo al meglio di ciò che in città ha solcato il tartan di Caracalla e non solo.
Considerato da tutti un mostro sacro del running romano ha inanellato una serie di record incredibili.
Da molti considerato uno “scienziato” della corsa, ma forse lui si sente più vicino all’epica dello sport, un “contadino” di testa, scarpe grosse e cervello fino, con una visione negli allenamenti incredibile.
Visto come il terrore dei gruppi di allenamento romani, se ti affiancava sulla ripetuta allora voleva dire che il tuo destino era segnato, in qualche modo ti avrebbe superato. Un alieno, tempi, tabelle, osservazioni, critiche, commenti.
“guarda quello come appoggia male”, “guarda quell’altro che non muove le braccia” “quello sta seduto”; “quell’altro tempo due settimane lo supero”; ” ricordati sempre lo stretching”…”se vuoi correre forte devi allenarti forte” e così via per tutti gli amici del campo a Caracalla.
Fotografo alla Biblioteca Nazionale per professione dove ha lavorato fino al 2005, svolgeva un compito in cui la precisione e la puntualità erano pane quotidiano, trasferiva libri e giornali su microfilm per poter poi essere tutto archiviato e disponibile alle generazioni a venire.
La specializzazione ha visto un finale a ridosso dell’avvento del digitale che da lì a poco avrebbe sostituito tutti i supporti analogici. Dal 2005 è in pensione e tra qualche acciacco e buona in salute continua a correre con la testa di un ragazzo.
Il mondo, nel frattempo, è cambiato e con esso anche lo sport.
Antonio fa parte di quella categoria di podisti che ha disegnato la linea di crescita della corsa italiana e sulla quale poggiano simbolicamente le gambe dei runner di oggi. Una predisposizione innata alla fatica e un assetto mentale organizzato lo ha sempre aiutato a gestire il carico di lavoro in pista e in strada.
La locomotiva romana si è portata dietro, è proprio il caso di dirlo, generazioni di atleti che con lui si sono confrontati in pista spesso uscendone malconci fino all’ultima ripetuta.
Una vita atletica descritta minuziosamente sulle sue agende non lascia indifferenti anche il più distratto. Dal 1989 a oggi, ogni lavoro in pista, strada o gara è segnato come un appunto importante. Gli anni trascorsi tra i volumi della biblioteca nazionale gli hanno insegnato che la parola scritta vale più di mille report digitali.
Antonio ha corso a cavallo di due epoche, prima del segnale satellitare legato al nostro polso e dopo. Come un highlander dello sport ha condotto la sua motrice attraverso le nuove mode e modi di correre segnando record su record.
Ha indossato le canotte delle squadre più blasonate portandole sempre con grinta e rispetto. Dalla Cises Frascati ai Bancari Romani, passando per la RCF fino ad oggi alla Romatletica Footworks.
Il massimo della forma lo ha toccato nei primi anni ’90, i suoi compagni di allenamento al biscotto di caracalla ancora ne commentano le gesta, Pino Ozimo e Adriano De Angelis sono stati stimolo e sostegno a una carriera che ha visto prestazioni come queste che ci ha raccontato Luciano Duchi:
“Il 26.10.1990 a 42 anni una maratona di Carpi in 2.21.15, terzo italiano over 40 all’epoca, dietro De Palmas e Paolinelli. Il 15.03.1992 a 44 anni corse la Roma Ostia in 1.08.59 arrivando 33*. Il 26.04.1998 a 50 anni ottenne 32.46.40 sui 10.000 in pista. Il 12.03.1995 arrivò ventesimo nella maratona di Roma con 2.24.51 allora record italiano MM 45.”
Ma è in pista che Antonio ha espresso al meglio la sua capacità di adattamento alla fatica e nel saper gestire mentalmente il passo. E infatti che dal 1989 al 1992, tra i 40 e 44 anni ha realizzato questi tempi:
1500m in 4’15” – 3000m in 8’56” – 5000m in 15’02” – 10.000m in 31’17”
Oggi a 73 anni Antonio fa i conti con il tempo che passa ma non si arrende, spirito indomito e giovanile sempre, sostiene che lo sport sia la sola cura da tutti i mali di stagione e che lo ha aiutato a vivere meglio il dramma della pandemia da Covid 19 e che se avessimo lo sport nella vita di tutti i giorni l’impatto devastante del virus nelle nostre vite avrebbe fatto meno danni.
Infine mi saluta con una definizione di vecchiaia bellissima, gli ho chiesto Antonio cosa è per lui e la risposta è stata:
“La vecchiaia è come un ragno, anno dopo anno, malanno dopo malanno, il ragno fa un giro di tela attorno al tuo corpo e ogni volta che provi a ripartire o a fare un passo in più lui ti stringe ed è sempre più difficile scrollartelo di dosso.”
Grazie Antonio per la tua saggezza e per la voglia di non fermarti mai.