Conoscete la storia di Shizo Kanakuri?
No, non è il nome del protagonista di una barzelletta, ma ovviamente di un maratoneta, di un atleta di
origini giapponesi che il 14 luglio del 1912 provò a correre la maratona di Stoccolma.
Peccato che Shizo non finì mai quella maratona perché si fermò al trentesimo chilometro, lasciando la testa
della gara, attratto da un picnic che si stava svolgendo in un giardino privato. Il padrone di casa gli offrì da
bere e poi gli propose di sedersi su una poltrona per riposare un po’.
Così Shizo si addormentò e quando si riprese, colmo di vergogna, decise di tornare a casa in Giappone in
silenzio, di nascosto, tant’è che per molti moltissimi anni non se ne seppe più nulla e gli organizzatori lo
considerarono disperso.
Lo ritrovò 50 anni dopo un giornalista svedese: era diventato un insegnante di Geografia a Tamana in
Giappone. Nel 1967 Shizo venne invitato a completare la sua maratona che chiuse in un tempo finale di 54
anni, 8 mesi, 6 giorni, 5 ore, 32 minuti, 20 secondi e 3 decimi.
Marco Patucchi nel suo libro “Maratoneti” edito da B.C. Dalai Editore afferma che il maratoneta era
distrutto dalla fatica a causa anche dell’impossibilità di poter usufruire di ristori lungo il percorso, vietati a
quel tempo.
Il brano che lo riguarda inizia dicendo che il Giardino di Shizo è in realtà nella mente di ogni maratoneta e
che rappresenta una tentazione, un miraggio, un sollievo.
In effetti chiunque abbia preparato una maratona e abbia affrontato lunghi estenuanti, chiunque ne abbia
corsa una, conosce benissimo la voglia di dire basta, stop, la voglia di fermarsi, di smetterla di soffrire…
anche solo per un attimo dice il cervello, ma quell’attimo può essere fatale.
Come Shizo potremmo rimanere intrappolati e non finire la nostra corsa, che è ciò che un maratoneta teme
di più.
Per questa ragione il concetto di sosta diventa un nemico, qualcosa da scongiurare da non far accadere e
non solo durante una gara ma anche durante un allenamento, anche mentre ci prepariamo per uscire a
correre e sentiamo che tutto il nostro corpo, mente compresa, dice no!
… in realtà, tuttavia, a volte bisogna fermarsi per un po’… quando si prepara una maratona si ha davanti un
percorso lungo che non può non comprendere delle pause. Saltare un allenamento perché non abbiamo
riposato durante la notte, perché abbiamo una fastidiosa contrattura, o solo perché la nostra testa si
impunta e dice no, a volte può essere addirittura necessario per concludere un viaggio composto da mesi di
preparazione e da 42 km e 195 metri di gloria.
Meglio fermarsi un poco, insomma, prima della prestazione finale, della gara, piuttosto che finire nel
Giardino di Shizo e svenire su una poltrona dopo aver bevuto dell’acqua!
E se mi viene in mente qualcuno mentre condivido con voi questa storia e questi pensieri, quello non può
che essere Carlo.
Carlo esci dal Giardino di Shizo!
Il segreto nella corsa è prendere la pausa nel momento in cui si può farlo, per continuare a correre tutta la
vita.
Quindi Carlo prenditi pure tutte le pause che vuoi ma corri: corri di meno, corri più piano, corri per te senza
nessun obiettivo, corri anche due volte a settimana, oppure trovati una gara che vuoi correre e preparala
con quella leggerezza che dobbiamo avere per non essere tentati dal Giardino di Shizo, che peraltro per te è
pieno di cabaret con cornetti alla nutella e bignè di San Giuseppe… pericolosissimo…
Daje Carlo saluta Shizo e vieni in pista stamattina!
Ti aspettiamo!
Chiara Agata Scardaci
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