Sapessi come è strano fare un lungo a Milano

Galateo del running

Quando ho proposto agli amici di StorieCorrenti di scrivere un pezzo sulle peripezie di noi poveri runner milanesi, costretti a correre in una città grigia e super inquinata, mi ero già messo in testa una scaletta semplice ed efficace basata sul paragone con i romani e il loro ponentino malandrino che spazza via nubi e inquinamento.

Avrei scritto di come a Milano a febbraio ci siano stati 25 giorni su 28 con l’inquinamento alle stelle e di come al contrario da Roma fosse possibile iniziare a correre in città per ritrovarsi dopo 20 km sulla spiaggia.

Peccato che per scrupolo, prima ancora di iniziare a scrivere, ho inserito su Google le parole chiave Roma Inquinamento e ho scoperto che la Città Eterna è anche quella con livelli di biossido d’azoto tre volte superiori alla norma, appena 6 punti sotto noi inquinatissimi milanesi.

A questo punto mi sono visto costretto a rivoluzionare la scaletta, lasciare perdere la città eterna con le sue magagne e passare a uno dei miei argomenti forti: le vicissitudini di un runner ipocondriaco milanese che non sopporta di correre al chiuso su di un tapis roulant, ma allo stesso tempo non vuole nemmeno farsi fuori i polmoni lungo la circonvallazione.

Certo, la soluzione ideale sarebbe quella di andare a correre in montagna o quantomeno in collina, ma non è esattamente comodo, soprattutto durante la settimana, e inoltre la conformazione della pianura padana anche fuori dai confini milanesi non aiuta particolarmente a smaltire l’inquinamento.

Non volendo rinunciare ai due/tre allenamenti settimanali, al povero runner ipocondriaco milanese non resta perciò che mettere a punto un incrocio tra gli orari in cui normalmente vi è minore inquinamento (tra le 5 e le 7 del mattino), con quelli ottimali per il fisico (dalle 16 e le 19) e per il lavoro (praticamente mai).

Fortunatamente ci sono app come Air Visual (negli store di iOS e Android) che quando l’inquinamento arriva a livelli cinesi non si limitano a spaventarti con teschi rossi piazzati strategicamente sulla mappa vicino alla zona in cui abiti, ma sono in grado di prevedere con una buona dose di accuratezza anche quando soffierà un vento sufficiente per spazzare via almeno un po’ di inquinanti.

Alla fine resta sempre il dilemma su quale sia il male minore: correre in una città comunque inquinata, sapendo che per un runner l’esposizione alle sostanze inquinanti durante la corsa cittadina è di circa 100 volte superiore rispetto a quella di un normale passante, oppure rinunciare alla botta di dopamina che anche dopo tanti anni ci spinge ad abbandonare il letto o il divano per ritrovarci a correre in strada in mutande?

Inutile dire che fino a quando la bronchite non ha il sopravvento l’unica strategia valida rimane quella della riduzione del rischio seguendo qualche avvertenza che in passato si è rivelata utile:

Correre per quanto possibile nei parchi o comunque in situazioni con poco traffico

La mattina presto e nei weekend l’inquinamento è sempre inferiore

Prendere in considerazione la possibilità di utilizzare una mascherina con i filtri antismog (non vanno bene le FP2)!

I lunghi è sempre meglio farli fuori città, così come gli allenamenti più intensi.

Tenere sotto controllo prima di uscire il livello di inquinanti e se è superiore a 100 rinunciare.

E comunque alla fine non c’è inquinamento che tenga, non c’è Milano o Roma, quando si va a correre con gli amici o con la musica negli auricolari ci siamo solo noi e il terreno che ci scorre sotto i piedi.

E ai polmoni ci penseremo la prossima volta.