Correre per il mondo è…

Mi piace definirmi una “traveller” e non una turista, una eredità che mi ha lasciato mia madre che era una viaggiatrice vera dei tempi in cui senza internet era tutto più difficile.

Mi piace esplorare le città e perdermi tra le strade colorate, assaggiare cose da mangiare strane, perdermi nello street food sconosciuto e respirare a pieni polmoni la diversità.

Essere una runner prima che una traveller ha fatto si che io conoscessi le città in un modo nuovo, con occhi nuovi, sotto le suole delle mie scarpette da corsa.

Perché si, quando sei un viaggiatore ma anche un maratoneta, prima della Lonely Planet metti altro nel tuo zaino: scarpe, garmin, calze e canotta. I veri elementi essenziali del viaggio.

Correre per il mondo è una emozione difficile da spiegare in poche parole. Correre per il mondo ti fa capire che siamo tutti veramente uguali quando siamo vestiti del nostro sudore e della nostra fatica e siamo lì a scambiarci sorrisi e a battere cinque con gli occhi a mandorla, con la pelle scura, con la testa coperta da un hijab della Nike.

Correre per il mondo è vedere parti della città che non avresti visto in altro modo, è respirare l’aria domenicale del lungosenna con i francesi assonati che prendono il sole, baguette sotto braccio e giornale in mano. È vedere le donne di Tokyo che corrono in maglia rosa per la lotta contro il cancro un sabato mattina intorno allo splendore del castello imperiale, e inserirti così senza pettorale solo per farti una foto ricordo con loro, che non vi capite, non vi riuscite a parlare neanche in inglese, ma avete la passione in comune che vale più di mille discorsi.

Correre per il mondo è riuscire a vedere Osaka che dorme quando decidi di correre alle 6 del mattino lungo una ciclabile totalmente futuristica che ti fa sentire dentro a un film ambientato nel 2040 dove ci saranno ancora tante piccole maglie colorate che corrono “lappando” ogni singolo chilometro.

Correre per il mondo è correre in un parco di Bangkok, un polmone verde dentro una città che è una bolla unica di smog, uno smog denso, fitto, che puoi quasi tagliare con il coltello, e nonostante tutto parco Lumphini è li, pieno di piccole formichine dalle maglie multicolore che, scansando scimmie e varani, provano a respirare quel poco di aria pulita che il polmone verde ti regala.

Non avrei mai conosciuto la bellezza del percorso lungo il fiume Guadalquivir se non avessi consumato le mie Brooks con dei fartlek in pieno periodo natalizio proprio lì.

Non avrei mai provato la sensazione di essere catapultata negli anni 50′ se non avessi corso per le strade cubane sotto un sole cocente e con un asfalto inesistente sotto i miei piedi, sorpassata dalle macchine alla Elvis.

Non avrei mai apprezzato il nostro asfalto se non avessi corso lungo la sabbia bianca delle coste della Tanzania, dove mentre faticavo come una matta venivo circondata da bambini velocissimi a piedi nudi il cui stupore negli occhi nel vedere un telefono con il quale fare un “selfie” non dimenticherò mai.

E’ un mondo enorme, vale la pena di correrlo tutto.

Peppa Randazzo