Dall’inizio dell’anno viviamo con il pensiero al dopo; ogni cosa si concentra su come saremo domani, una volta che ci sarà la riapertura.
Affetti, scuola, lavoro, sport… tutti pezzi della nostra vita che il virus, mese dopo mese, ha bloccato o smontato pezzo dopo pezzo per rimodularli in un equilibrio instabile che non ci è mai piaciuto.
Per provare a superare la fatica di una pandemia ci abbiamo messo tutto di noi stessi, provando a vivere nel rispetto delle raccomandazioni degli esperti e dando forza a quel senso civico di appartenenza a una comunità.
Come si dice anche in una maratona “ci abbiamo messo il cuore e lo stiamo buttando oltre l’ostacolo”. Ma oggi è tempo di chiederci “Come sta il cuore dei runner”?
A questa domanda abbiamo provato a dare una risposta interpellando chi, da 25 anni, dà la certificazione medico sportiva a migliaia di atleti della capitale.
Abbiamo intervistato il Direttore del centro medico EUBION, il dott. Cesare Augusto Pistarà – Medico Chirurgo – Specialista in Medicina dello Sport – Specialista in Chirurgia e Medicina Ortopedica – Osteopatia – Medico Sociale Fiamme Gialle – Medico F.I.B.- Membro Commissione Medica F.I.T.
Il centro medico EUBION nasce nel 1995 come struttura autorizzata dalla Regione Lazio alla certificazione e al rilascio di certificati di idoneità agonistica.
Il Dottor Pistarà ci ha raccontato come è cambiato lo sport e i protocolli in tanti anni, ma, cosa ancora più importante, cosa ha dovuto fare la medicina sportiva per capire gli effetti e prima ancora l’impatto del COVID-19 sul cuore di chi pratica sport a tutti i livelli.
“Il popolo dei runner è una galassia enorme di caratteri e stili di vita diversi, è lo specchio dello sport italiano e in tanti anni ho dovuto imparare a capirne le emozioni, le nevrosi per anticipare atteggiamenti sbagliati o peggio ancora convincimenti che andavano oltre la medicina. “
Quanti di noi hanno affrontato discussioni su medicina e cure con l’amico che argomentava temi letti in rete senza avere il bagaglio professionale o un riconoscimento ottenuto con un percorso di studi, dando spazio a certe cattive abitudini?
Posso dire con la certezza di chi ha “ascoltato” migliaia di cuori che oggi in Italia c’è una maggiore sensibilità all’educazione medica. L’obbligatorietà delle certificazioni medico-sportive ci ha posto su un binario che è indiscutibile. Gli sportivi hanno capito che serve fare un controllo l’anno, indipendentemente dalla richiesta di una Federazione Sportiva o EPS.
La situazione
“La mia professione è cambiata con l’impatto del COVID nel mondo dello sport,. I protocolli avviati e le metodiche che ne conseguono ci hanno messo su una strada che dovremo percorrere per tanti anni a seguire, perciò le conseguenze del virus sul cuore degli atleti non è verificabile nell’immediato.”
E’ per questo motivo che, al momento della richiesta dell’atleta, il medico sportivo deve sapere se in passato il paziente ha avuto o meno il COVID. È un rapporto di fiducia che non obbliga nessuno a sindacare la veridicità della dichiarazione; torniamo a quel rapporto di educazione sanitaria e fiducia reciproca che ha cambiato in meglio il panorama sportivo italiano.
I presidi imposti servono a scongiurare qualsiasi danno per il cuore che si è rivelato un possibile obiettivo del virus. Le persone più a rischio sono coloro già affetti da malattie cardiache, gli anziani e quelli con fattori di rischio cardiovascolare, quali ipertensione arteriosa e diabete 15,16.
Tuttavia, anche un atleta è potenzialmente vulnerabile a complicanze cardiache dell’infezione in grado di provocare direttamente o indirettamente danno miocardico, attraverso plurimi e sinergici meccanismi.
La reazione
“Non ci dimentichiamo che fare sport a livelli anche amatoriali può essere rischioso, in particolare lì dove ci sono delle patologie asintomatiche. In ogni caso serve consapevolezza dei propri limiti e conoscenza della propria storia sanitaria. A volte mi scontro con superficialità e bisogno di dover dimostrare chissà cosa di chi si sente un eterno ragazzo. In 30 anni di esercizio della professione si sono alternate generazioni, prima i genitori e poi i figli. Ci raccomandiamo nel far fare i controllare ai ragazzi, i giovanissimi, spesso asintomatici di alcune patologie cardiache e che solo grazie al certificato medico agonistico hanno potuto evitare conseguenze gravissime durante la loro vita atletica.”
Un’ultima considerazione sulla stagione in corso, dove le gare sono praticamente ferme e il mondo del running non sente il bisogno di una affiliazione come in passato.
Ciò nonostante l’Italia che corre si è mossa, seppur con qualche ritardo, per regolarizzarsi con l’obbligo sanitario figlio dell’iscrizione a una ASD o EPS, e speriamo ancora prima a tutela della propria salute anche solo per gli allenamenti con gli amici.
Marco Raffaelli