Quanti di voi nel momento più duro di una gara hanno incontrato un “John Doe”?
Uno sconosciuto che vi ha trascinati via dall’orlo del precipizio quando stavate per mollare, quando tutto vi sembrava andare storto, quando le gambe vi hanno abbandonato e la testa le ha seguite come un topo va dietro al pifferaio magico.
Una persona, uomo o donna che sia, completamente sconosciuta, che vi ha teso una mano per darvi coraggio e portarvi oltre il traguardo.
Io ho avuto una Jane Doe. Proprio all’ultima gara prima di questa maledetta pandemia, che ogni buon proposito si è portata via.
La gara in questione era la mezza Maratona di Napoli del 28 marzo 2019. Scrivo le date a beneficio della mia Jane Doe, qualora legga l’articolo e decida di palesarsi, visto che la saluterei volentieri.
Avevo appena incontrato divanoman a Piazza Sannazzaro, la piazza prima della galleria in salita.
Lui. Il mio motivatore preferito.
Quello che mi abbraccia e mi dice
“sbrigati a finire che ho fame!”.
Dietro di me chiacchieravano amabilmente i due vecchietti del Muppet show, quelli che dal loggione facevano commenti sarcastici su tutti i personaggi del programma e non solo.
I miei vecchietti Muppet parlavano della imminente salita come se stessero parlando di una scalata per guadagnare la cima del Nanga Parbat, e i loro commenti cominciavano ad inquietarmi.
Dovevo togliermeli di torno, ci voleva uno scatto, qualcosa che mi portasse il più possibile lontano dalla loro ansia che si poggiava come un fall-out sulle mie spalle.
All’imbocco della galleria mi aspettava Fulvio, preoccupato che io fossi troppo stanca per arrivare fino in fondo alla gara, visto che più volte avevo manifestato segni di cedimento. Quella strana influenza che mi portavo addosso e che stentava a darmi pace mi aveva mazzettata ben bene dai primi di gennaio e ancora non sentivo di aver recuperato come si deve. Ma i vecchietti del Muppet avevano tirato fuori la chiave d’oro della porta della mia riserva segreta, quella che compare solo quando c’è un imminente pericolo o una persistente rottura di coglioni.
Come se avessi preso il booster di Super Mario,
tiro fuori tutte le energie dal mio rifugio segreto e parto come un razzo, sento la voce di Fulvio che, ritrovate le sue origini, mi urla in napoletano:
“Addo Vaje!!”.
Devo continuare, la riserva non è illimitata, dà il suo meglio sulle salite ma quella in particolare è lunga più di mezzo km.
Se mi si scaricano le batterie a metà sono finita.
Arrivo in cima trafelata, stanca, con le batterie azzerate, il fiato di nonno con l’enfisema polmonare, e mancano ancora due km.
È proprio qui che compare la mia Jane Doe. Una ragazza mai vista prima: non conosco il suo nome, non ha divisa sociale, o non ci faccio caso, ricordo solo che aveva i capelli biondo scuro e che portava la coda. Sto per fermarmi, accenno un paio di passi molto lenti, si vede che sto per fermarmi come una 500 all’ultima goccia di benzina, quando sento una voce:
“Non fermarti, non mollare siamo arrivate”.
Mi sorride, mi si affianca.
“manca 1km, facciamolo insieme”.
È li accanto a me, mi dà coraggio, mi incita e mi dice di non parlare e di non sprecare fiato, mi tende una mano.
“dai, ti porto io, lo vedi il gonfiabile?Siamo arrivate, sprinta!!Ce la puoi fare!”
Così faccio. Tiro il mio ultimo allungo. Non so nemmeno da dove lo tiro fuori, forse dalla forza della disperazione. Guardando le foto dell’arrivo mi rendo conto che non mi sono nemmeno accorta dell’uomo col maglione di peli sulla schiena che corre a torso nudo davanti a me. Lo avrei notato sicuramente e avrei fatto anche una faccia alla Roger Rabbit dopo aver sentito:
“Ammazza la vecchia…col Flit!”.
Invece niente. Niente energie, solo quel benedetto gonfiabile davanti a me e la promessa di acqua e cibo. Oltre l’arco ci sono i miei amici che mi aspettano.
Jana mi abbraccia e io non la mollo per non stramazzare a terra. Devo aspettare Jane Doe. La devo abbracciare e ringraziare per quello che ha fatto per me.
Eccola!La vedo tra la folla, in un attimo che è durato ore, è proprio li accanto a me, ci abbracciamo, la ringrazio e lei mi dice:
“brava, non hai mollato, ce l’hai fatta!”.
La ringrazio mille volte, ci guardiamo, ci salutiamo e non la vedo più. A volte penso addirittura che sia stato uno scherzo della mia mente in un momento di estrema fatica, invece no. Era lì. Era vera. Era una persona buona.
Quando si riprenderà a gareggiare vorrei essere anche io la Jane Doe di uno sconosciuto, aiutarlo a superare le sue debolezze e il suo sconforto per dare fondo alle sue energie ed arrivare oltre il traguardo senza mollare.
Grazie Jane, se leggi questo breve articolo sappi che ti ricorderò sempre.
Sei stata un angelo. Motivatrice e compagna di avventura, amica eppure sconosciuta. Sei stata un raggio di sole in quell’attimo prima della pioggia. Una speranza.
Per questo non smetterò di ringraziarti e di ricordare quello che hai fatto per me.
Non hai un nome, ma poco importa.
Nei miei ricordi più belli sei Jane Doe.