Dopo 36 puntate di Gomorra avevo imparato tutto, da saper pronunciare “sta senza penziè” come faceva la buonanima di Cirù, a non schiacciare più il tasto giallo del telecomando per i sottotitoli in italiano.
Pontificavo sulla struttura gerarchica d’o Sistema e consideravo i miei amici tutti Frate!
Venendo a Napoli anche solo per un giorno già mi immaginavo di camminare inte e viche ascoltando solo la musica di Pino e tenendo e mane inda a sacca pe paura di qualche guaglione male intenzionato.
Invece la Napoli che ho ritrovato dopo più di 18 anni è una delle città più belle del mediterraneo: aperta, colorata e accogliente, romantica, misteriosa e affascinante e seducente come solo lei sa essere.
A dire il vero ci sono rimasto un po’ male nel vedere tutti tutti tutti usare il casco in scooter e tenere una città pulita, molto pulita. (…più di Roma) e non è vero che Napule è na carta sporca e nisciuno se ne importa, anzi, il centro di Napoli è l’esempio che si può crescere civilmente e umanamente. Da Romano stanco, sbruffone e spelacchiato speravo di risollevare le sorti della capitale cercando angoli peggiori della mia città, ma mi sono ampiamente sbagliato su tutto, altro che angoli.
Dopo 36 puntate di Gomorra, quando alla fine di ogni episodio mi sentivo scorato e triste, credendo che il mondo fosse senza più speranze, e che della poesia di De Filippo non fosse rimasto più nulla, con una giornata all’ombra del Vesuvio sono riuscito a fare pace con la Napoletanità.
Una metropolitana tra le più belle d’Europa e quindi di Roma (ma avrete capito che ci vuole poco in ogni cosa ad essere meglio di Roma). Migliaia di turisti, musei pieni e vicoli colmi di tutto. Quando passeggi per la città ti sazi di sapori e arte, un sole che è tutt’altro che amaro, ti scalda su un lungomare chiuso al traffico e silenzioso.
La mia cartolina di Napoli l’ho fissata su piazze assolate, viali dal sapore europeo, vicoli in cui amarsi e ridere di ogni aspetto della vita. Ho insaporito ogni instante con il miglior caffè preparato con maestria e calma, la sfogliatella riccia e frolla venduta da mani antiche, passando per la pizza di forcella che come diceva Enzo Sangue Blu solo qui la devi mangiare, finendo con lo shopping a via Toledo che era come stare a Sodermalm di Stoccolma.
Io lo so che Gomorra non è un film e che Saviano ha raccontato solo la metà di cosa avviene nel mondo camorristico di un intero paese, perché quella merda li non è targata Napoli, di cui purtroppo in periferia la città si fa carico di odore e nausea del suo scarto.
Il “Sistema” ha la firma di ricchi mercanti senza volto e senza terra, incuranti di tutto e tutti e con il bene stare di alcuni uomini che hanno il loro posto al sole che per fortuna non è lo stesso di quello raccontato da noi tutti ogni volta che veniamo a Napoli.