Venti giorni alla maratona è quando il defaticante del lunedì non è più un pensiero e senti di avere un motore che al minimo brucia di tutto e di più. La mattina, dalla colazione fino al caffè con i colleghi, mangi come un sollevatore di pesi bulgaro. Alle 13.30, in pausa pranzo, sei già in strada. Non ti serve nulla per non sentire la fatica, sai che lo devi fare e te ne fotti di quanto hai professato per una vita, si deve fare e basta.
Correre e meglio di come hai sempre fatto. Leggero e in spinta, rullando bene il piede, schiacciando gamba dopo gamba, sui km di città, ogni tua indecisione, braccia basse, sguardo rilassato, testa leggera. Non ti serve più la musica, la maglia dal colore preferito, monumenti da ammirare o ponti da passare e far suonare la ringhiera.
Il tuo giro tra Piramide, Testaccio, Circo Massimo e ritorno è diventato un treadmill a cielo aperto, ci scivoli sopra senza alcuna incertezza. Come un automa sai che i 10k a pranzo ti servono per assimilare non solo le calorie assunte da quando ti sei svegliato, ma soprattutto i 15km veloci fatti ieri sopra e sotto i tuoi amati ponti di Roma.
Venti giorni alla maratona è un punto di non ritorno. Hai fatto tanto ma ti aspetta ancora un piccolo sforzo. Il lungo di domenica prossima, 34km da dividere tra andata e ritorno. Hai già in mente tutto. Punto di partenza, Ponte Milvio, una linea diritta di 17km che taglia Roma a metà: Via Flaminia, Via del Corso, Fori Imperiali, Caracalla, Appia Antica, bip del Garmin e torni a casa.
Che fine ha fatto la poesia del maratoneta? La tua amata e odiata solitudine. Le tue parole di incoraggiamento, il sogno di una corsa senza freni. Te li sei rosolati chilometro dopo chilometro da settembre ad oggi. Come tabella prevedeva ne hai accumulati quasi 500. La tua pagina attività del pannello Garmin Connect è una Stele di Rosetta, una chiave per comprendere quanto hai lasciato della tua fatica sull’asfalto e non solo.
L’arte marziale a cui fa riferimento l’amato Covacich è proprio questa. La maratona è un cammino di miglioramento individuale completo, un accrescimento delle capacità fisiche e mentali. “Resistere alla più alta velocità possibile per una strada così lunga”. È una scuola di vita, un percorso interiore da cui ne potresti uscire meglio o peggio, dipende solo da te.
Venti giorni al via. Non serve fare nulla di più o di meno: ripetute, salite, calcoli di quanto e a quanto. Ormai manca poco e sarai di nuovo davanti a quel pettorale, ma ricorda che una gara non sarà il tuo traguardo, il fine dello sport è stare bene, ovunque e soprattutto con se stessi.