Lezione n. 23: La regola dell’allenamento.

Eccola li sul tavolo la tabella di allenamento: quattro mesi almeno o quasi di impegno totale, massacrante … lunghi, ripetute, fartlek, il tutto dormendo e mangiando come si deve, il tutto con la mente concentrata in via prioritaria sul percorso tracciato per raggiungere l’obiettivo.

Mesi di abnegazione e di incognite.

Incognite si, perché tre o quattro mesi sono tanti anche se può non sembrare e in questo tempo affatto piccolo, può accadere qualunque evento.

Potrebbero esserci centinaia di fatti, centinaia di motivi, per saltare gli allenamenti.

Oggi il primo, poi il secondo, poi chissà e correre senza il dovuto rispetto della nostra tabella potrebbe diventare anche troppo semplice.

Con facilità si può perdere il senso della costanza, dell’appuntamento quotidiano o quasi con l’unico amico che ci guiderà lungo quei 42 km e 195 metri: il training.

Con estrema naturalezza si può perdere il significato che ha un allenamento portato a termine come si deve, in ogni seduta, sempre e comunque, giorno dopo giorno seguendo le progressioni di velocità e di potenziamento che sono state scelte per noi, da qualcuno che di kilometri ne capisce senza dubbio tantissimo.

Basta un nulla, un evento demotivante, come una seduta andata male, come un commento negativo di qualcuno caro che non vuole supportarti, il trasferimento in un’altra città del nostro allenatore.

A volte succede qualcosa di spiacevole a lavoro, con un amico, un figlio, o semplicemente si rimane bloccati in un traffico imprevisto per più di due ore.

E poi ci sono quegli eventi della vita inevitabili e gravi, come la morte o la malattia di qualcuno a noi vicino…

E’ pieno di ostacoli, trabocchetti, disperazione e quant’altro li fuori … ma se si tiene davvero al raggiungimento dell’obiettivo prefissato, allora saremo sempre pronti a seguire l’unica vera regola che non può subire né deroghe né eccezioni, che non può essere violata: allenarsi.

Allenarsi, sempre, con la gioia e con il dolore, con il cuore straziato o leggero come una piuma.

E per seguire la regola prevista e inderogabile esiste solo un modo: essere disciplinati.

Ogni runner impara da sé, che non esiste un traguardo senza il rispetto delle regole, senza la disciplina necessaria per non infrangerle. Non esiste medaglia senza quella costanza, quella testardaggine oserei dire che, a volte nella completa e quasi insopportabile mancanza di comprensione da parte di tutto il resto del mondo che non corre, ogni maratoneta che si rispetti continua ad applicare al suo percorso.

Perché senza un’aderenza totale alla tabella di allenamento, non ci sarà alcun risultato, nessuna ricompensa, nulla di nulla.

Anzi, la dovuta categorica e indiscutibile uniformità alla tabella significa correre meno rischi, salvaguardarsi, volersi bene… in fondo le regole sono fatte per questo, per proteggere…

Ecco quindi che un vero runner, non infrange la regola del “non saltare l’allenamento”: perché non ha nessuna voglia di prendersi in giro, di farsi male, di non essere serio a sufficienza in un’avventura tremendamente difficile ed anche pericolosa come preparare, da amatore, una maratona.

Sa bene che si tratta di una faccenda ardua dove, infine ma non per ultima, la fedeltà al programma stabilito è rappresentativa di una coerenza verso se stessi che non ha alcun senso tradire.

Chi, allora, meglio di un runner conosce l’importanza di questa regola da eroi?

Anzi, chi meglio di un runner conosce l’importanza, del rispetto delle regole, della disciplina, invisa ai più?

Nessuno, nessuno meglio di un runner può conoscerla e nessuno meglio di noi, può essere un esempio di come il rispetto delle regole, pervicace, senza lagne e lamentele, senza alcun “ma io…”, “però poi” o roba del genere, senza scuse, senza bugie, sia fondamentale e obbligatorio per raggiungere l’obiettivo agognato in sicurezza e rispetto per se stessi, e per la sfida che si è scelta.

Chi meglio di un runner?

Chi meglio di noi?…

#iorestoacasa

Chiara Agata Scardaci

 

 

 

 

 

 

 

 

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