SIAMO TUTTI DEI CALABRONI

Siamo tutti calabroni. Non adatti alla corsa, tanto meno a pedalare per ore o a nuotare come se non ci fossero limiti. Eppure ci buttiamo dentro ad ogni allenamento, gara, impresa personale.

Cosa ci spinge a portare quel battito d’ali oltre il dovuto? Perché ci ostiniamo, nonostante gli evidenti limiti fisici, a fare cose che non sono alla nostra portata? Come lo scalatore George Mallory che alla domanda “Perché vuole scalare l’Everest?” Lui rispondeva “Perché è lì”.

Per lo stesso principio ci affidiamo ad una sfida personale contro gli elementi, contro un muro fisico e mentale, solo perché quel maledetto è lì e vogliamo alzarci in punta di piedi con la frenesia di un bambino per vedere cosa c’è oltre.

Non ce ne frega nulla del tempo e di chi abbiamo davanti. Lo facciamo per noi stessi. In un gesto di sano egoismo vogliamo capire fin dove possiamo arrivare. Ce ne freghiamo dei nostri limiti, delle scuse forzate: mi alleno domani, oggi non ce la faccio, sono stanco non ho tempo, fa caldo, fa freddo; fa sempre qualche cosa che ci mette dietro ai nostri recinti mentali, mai davanti.

Sticazzi di tutto, testa bassa e pedalare in qualunque modo andrai. Perché tanto dopo starai meglio di prima, e così non essere meravigliato se l’esito dei calcoli non è uguale alla realtà dei fatti.

Ogni metro conquistato è un passo verso il battito di ali che crea portanza e come i calabroni ce ne fottiamo di tutto, voliamo e basta.