Quartiere che vai, runner che trovi…

Non posso definirmi un Runner.

Sono di indole pigra, e fondamentalmente viziosa: mi piace bere, mangiare, fumare, e in generale fare cose immorali, o illegali, o comunque poco salutari.

Insomma, lo stile di vita che mi viene naturale è decisamente incompatibile con una vita sana; anzi, come mia moglie non ha mancato di farmi notare, alla mia età lo stile di vita che mi viene naturale inizia proprio ad essere incompatibile con la vita.

Cosi mi sono dato una regolata, e tra le altre cose ho iniziato a correre un paio di volte alla settimana.

Ora, in generale chi va a correre ha un suo percorso preferito, e pur variando la tratta quotidiana, di solito ha una zona di riferimento, e si incontra con i runner di quella zona, che più o meno sono sempre gli stessi.

Io invece sono una specie di nomade della corsa.

Nel senso che mi trovo ad accompagnare i miei figli a fare attività sportiva in varie zone della città, e approfitto dell’oretta in cui loro fanno allenamento per allenarmi anch’io.

Ad esempio, quando accompagno Fabri a calcetto al Cus, vado a correre su Lungomare lato fiera; se accompagno Vale a pattinaggio all’Angiulli vado a correre nella zona nuova di Poggiofranco.

Se accompagno i bambini ma poi li va a prendere mia moglie, torno a casa, e corro sul lungomare verso la Vela.

Mi trovo quindi ad entrare in contatto con varie “famiglie” di Runner, habituè delle diverse zone.

La cosa singolare però è che incredibilmente ogni zona ha una sorta di genius loci della corsa, e i frequentatori delle varie zone sono accomunati da caratteristiche simili, che li contraddistinguono.

Ripeto doverosamente che non posso in alcun modo definirmi un vero runner, e la mia esperienza è talmente limitata da non fare in nessun modo statistica, e le mie osservazioni lasciano ovviamente il tempo che trovano.

Però è innegabile che quando si corre sul lungomare dal lato della Fiera, in genere si incontra gente tosta.

Vestiti aderenti, ma sobri, generalmente corrono da soli, e vanno come i treni. Spessissimo mi capita di essere superato da qualcuno che sopraggiunge da dietro ad andature per me impossibili.

E io spero sempre che sia un fuoco di paglia e che magari si fermino esausti dopo venti metri. E invece niente, i corridori del Lungomare lato Fiera continuano inarrestabili al loro ritmo da Freccia Rossa finchè non spariscono alla vista.

Anche le ragazze tengono spesso un ritmo indemoniato: mi superano con lo sguardo concentrato e sfrecciano via, apparentemente senza sforzo, mentre io arranco e guardo il mare, pensando a quanto è bella quella zona di fronte alla Fiera dove non ci sono i frangiflutti e ti trovi a correre guardando il mare aperto.

Attenzione, non sono certo io a poter esprimere giudizi su chi corre.

Io che corro solo perché costretto, ma che se potessi starei volentieri in poltrona a leggere un libro.

Però è innegabile che sul Lungomare lato Umbertino c’è un’aria diversa, e già ad occhio l’abbigliamento è mediamente molto più fluo, e l’aria è meno olimpionica.

Oddio, anche qui c’è gente che corre duro. Però qui insieme ai singoli ci sono i gruppi. E quando due gruppi si incontrano si fanno reciprocamente un sacco di versi come saluto. E poi ci sono le ragazze, che in genere vanno a coppie. E spesso non corrono, camminano. Però sono vestitissime, tecnicissime e fluo; e camminano chiacchierando fitto fitto tra loro.

E in generale c’è un sacco di gente che si conosce. E quindi qui un po’ si corre, un po’ si saluta gente, che a sua volta un po’ corre e un po’ saluta. Qui puoi vedere corridori che fanno una pausa, fotografano l’alba, o il mare, o i lampioni del lungomare, o si fanno i selfie.

Insomma, si corre.

Ma c’è un’aria un po’ più così. E io mentre arranco guardo il mare, pensando al mio caratteraccio, che pur di non incrociare lo sguardo di chi mi sta antipatico mi ostino a guardare fisso il mare.

Capiamoci, io sono l’ultimo al mondo che dovrebbe parlare di corsa o di runner; io che spero si metta a piovere per avere la scusa per non andare a correre.

Però è innegabile che nella zona nuova di Poggiofranco ti capita di vedere una sfilata di capi tecnici talmente tecnici che sembra l’ironman nel deserto del Gobi, e il fluo è talmente fluo che senza occhiali da sole rischi danni permanenti alla retina.

Qui si vedono anche coppie di ragazzi (nel senso maschi) con vestiti tecnicissimi da maratona, che camminano parlando fitto fitto tra loro. E io, che quando va bene ho il ritmo medio di 6,40 (imbarazzante per qualsiasi amante della corsa), mi trovo a superare ragazzi supertecnici con occhiali spaziali e orologioni Gps, che corrono molto meno di me.

E mentre arranco (perché sempre e comunque quando corro arranco) penso che quando corro a Poggiofranco mi manca il mare; però ogni volta è una botta di autostima.

Andrea Sylos Labini

#StorieDaCaffè