Nereo Benussi e l’arte di correre

L’etimologia del suo nome deriva dal greco e significa “grande nuotatore”.

Eppure Nereo Benussi, presidente dell’ASD Cinecittà ProSport, al centro della sua esistenza ha sempre messo l’atletica. Un rapporto profondo e viscerale, raccontato nella storia della sua vita, che inizia circa settanta anni fa, oltre i confini dello Stivale, a settecento chilometri da Roma.

Dopo la fine della Seconda Guerra Mondiale l’esodo giuliano dalmata coinvolge anche un giovanissimo Nereo, costretto a subire l’emigrazione forzata della sua famiglia, come la maggioranza dei cittadini di nazionalità e lingua italiana dell’Istria e del Quarnaro, contraria al governo jugoslavo comunista di Josip Broz Tito.

Papà ex partigiano e mamma impiegata nel monopolio dei tabacchi, trascorre la prima infanzia in collegio, dapprima a Udine e poi a Pesaro. Nelle Marche un ragazzo gli mostra delle scarpette da corsa munite di tacchetti. Pesano due etti e mezzo l’una, con dei chiodi fissi di un paio centimetri. È un colpo di fulmine. Millecinquecento lire sono tutti i suoi risparmi, ma Nereo non ha dubbi. Sarà l’investimento che gli cambierà il futuro.

A 14 anni arriva nella Verona di Romeo e Giulietta e si dedica con ottimi risultati al mezzofondo, difendendo i colori della “Aldo Fedeli”, società sportiva intitolata al primo sindaco socialista della città. Ma l’incontro con il Professor Walter Bragagnolo, promotore del Fosbury in Italia, rimescola le carte del suo destino.

«Fra i suoi numerosi difetti aveva una qualità: ti parlava come fossi un suo pari. Ti spiegava perché quella cosa andava fatta ed io con passione mi allenavo e intanto apprendevo».

Un rapporto che va oltre il confronto tra allenatore e suo vice. “Il Prof” è un Virgilio dantesco dai tratti paterni. E sulla rotta della loro collaborazione cade un giorno la stella più luminosa, una studentessa in grado di raggiungere a 12 anni un metro e trenta nel salto in alto. L’orbita di quell’astro arriverà nel 1978 sino ai 2,01 metri del record italiano e, due anni dopo, alla medaglia d’oro dei Giochi olimpici di Mosca.

«Sara non ha mai perso il senso di umanità e normalità, non si è mai posta con un atteggiamento da numero uno al mondo. Galeotta fu la Professoressa Castaldi, che fece la spia su una ragazzina dodicenne dalle qualità incredibili. I tappetini, il linoleum, la cordicella con i due sacchetti di sabbia e il salto con sforbiciata. Ricordo ogni particolare di quel primo giorno. È sempre stata sostenuta e incoraggiata da due splendidi genitori. Pensate che da piccola, in attesa degli allenamenti, si metteva a leggere Topolino in pedana. Per me è lei il campione ideale, la sportiva che riassume tutto».

Nel 2014 Sara Simeoni sarebbe stata eletta “Atleta del Centenario” (insieme ad Alberto Tomba) in occasione dei 100 anni del CONI.

Nei decenni successivi la storia di Nereo si arricchisce di altre significative tappe. Nel 1971 è a Roma, per svolgere la leva militare nel Centro Sportivo Esercito della Cecchignola, mentre un anno dopo si trasferisce a Bologna, dove frequenta l’ISEF. Qui subisce il fascino culturale della città felsinea e se ne innamora perdutamente. Una relazione intensa ma breve, perché nel 1974 la lascia per far ritorno nella “sua” Verona come insegnante di educazione fisica.

A metà degli anni Ottanta una storia d’amore lo fa tornare nella Capitale. Ancora una volta l’atletica è il centro del suo mondo professionale. Si dedica all’allenamento fino al 1993 e cinque anni più tardi fonda un’associazione consorzio, la Cinecittà ProSport, progetto basato su tredici discipline, tre scuole, una cooperativa sociale e sette associazioni sportive.

Logo realizzato del grafico Andrea Pecchia artista

L’impianto comunale gli viene consegnato nel 2002. La crescita è graduale ma inarrestabile e il calcetto, il tennis, il pattinaggio artistico a rotelle e l’amata atletica diventano i fiori all’occhiello della sua polisportiva. Le adesioni aumentano anno dopo anno e gli iscritti sono giovanissimi.

«Dal 2010 ho ricominciato a curare la preparazione dei bambini. Per le generazioni attuali va ricreato lo sport attraverso il gioco. Ad esempio l’ASD Atletica Tor Tre Teste, con cui collaboro, vanta un vivaio davvero numeroso, con oltre 130 ragazzini. Fino a un certo livello è importante che stiano tutti insieme. Il meno dotato, guardando il compagno con maggiori capacità, può adottare lo schema visivo dell’esercizio. Per imitazione ci si corregge da soli e si ottengono feedback continui anche dai risultati degli altri. È la risorsa del collettivo, che diventa il vero valore aggiunto. È questo il ruolo sociale dello sport».

Prima di salutarci Nereo si toglie l’abito del professionista e si trasforma in appassionato: «correre è sentirsi nel proprio tempo, è avvertire l’aria che tagli mentre le gambe girano. Sei tu in ogni parte, è un universo che ti appartiene». Quello stesso universo che con generosa umanità costruisce tutti i giorni per ognuno dei suoi piccoli atleti.

Jacopo Vergari

 

nereo-foto
Le foto di Nereo Benussi nell’articolo sono del fotografo Max D’Alessandro