Camila è la mamma di Matteo e ha deciso di raccontarci la storia di suo figlio.
Perchè quanto gli è accaduto possa servire da monito ai nostri ragazzi e essere per tutti esempio di forza e reazione in questo periodo difficile.
Metteo nel 2018 aveva 11 anni e in una calda estate toscana, durante un vacanza in famiglia, inizia a non stare bene, va spesso in bagno a fare pipì, troppo spesso.
Camila non è una mamma elicottero, una di quelle che orbitano a stretto giro nella vita dei figli. Matteo e sua sorella minore Chloe crescono liberi di fare le loro scelte, nei limiti di due ragazzini, ma questa volta è diverso.
Camila sente che il figlio ha qualche cosa che non va, fanno le valigie e corrono al Bambino Gesù. All’ospedale pediatrico romano riconoscono immediatamente cosa è accaduto al corpo di Matteo, il bambino ha sviluppato la forma di diabete mellito di tipo I, in cui vi è una carenza totale di insulina.
In Italia, il diabete mellito di tipo I si verifica ogni anno in 8.1 bambini su 100.000. In loro la causa non è ancora nota, ma resta il fatto che la mancanza di produzione assoluta di insulina è incompatibile con la vita.
Mamma Camila nella sua diagnosi precoce e il tempestivo trattamento con insulina da parte dei sanitari hanno salvato Matteo.
Da quel momento tutto cambia.
Matteo si responsabilizza sulla sue nuove abitudini di vita. Capisce che da pochi gesti ne va della sua salute, non fa un lamento, impara a misurare la glicemia, a farsi le 4 punture al giorno da solo, a stare in mezzo ai suoi coetanei tra feste e pranzi fuori casa.
In tutto questo c’è la pallanuoto, Matteo in acqua è forte, longilineo e leggero sguscia tra gli avversari e riesce ad emergere in uno degli sport di squadra tra i più faticosi.
Passa circa un anno e la sua vita sportiva e sociale è a pieno ritmo.
A settembre 2019, di ritorno da un viaggio in Brasile dove era andato a trovare i nonni materni, esprime alla mamma il desiderio di prendere parte al training camp della squadra in Umbria. Una settimana di preparazione in vista del campionato, un settimana di vita insieme ai suoi compagni.
Durante la permanenza arriva una telefonata a Camila e tutto cambia di nuovo colore, anzi questa volta l’orizzonte acceso di suo figlio si spenge.
Al telefono è l’allenatore di Matteo il quale spiega che il ragazzo ha avuto un incidente all’occhio.
Camila pensa subito alle complicanze microvascolari del diabete di tipo I, malattie che danneggiano l’occhio (retinopatia diabetica), ma la scena che si trova davanti appena arriva da Matteo è peggio.
Suo figlio sul corridoio al piano dell’albergo, mentre giocava con i suoi amici, viene colpito da un oggetto nell’occhio sinistro e subisce un danno gravissimo alla pupilla.
Buio. Fine dei giochi
Da questo momento la loro vita scrive un nuovo capitolo. Devono resettare ogni altro problema e provare a salvare l’occhio.
Nel frattempo la storia di Matteo inizia girare nel mondo dello sport e tanta gente aiuta come può, per trovare la strada migliore, per capire come fare a conservare la vista a Matteo.
Campioni del calcio e tanti amici si mobilitano e Camila porta Matteo a Genova dal Professor Tommaso Rossi, chirurgo specialista in oftalmologia, il massimo nel campo.
Fin dai primi esami era chiaro che la situazione era drammatica e che con una retina accartocciata e il nervo ottico reciso, l’unica strada percorribile era la sostituzione con una protesi di nuova generazione.
Matteo in tutto questo non si è mai lamentato, con una pazienza innata si è sottoposto a micro chirurgia, analisi e consulti da più medici.
Ma è solo grazie al Professor Rossi che una volta stabilizzata la pressione intraoculare, si salva la mobilità della palpebra rispettando la parte estetica.
Ci vorrà tempo prima che il cervello di Matteo si adatti alla visione monoculare, intanto lo sport torna nella sua vita.
Cambia squadra e viene accolto come un compagno importante anche se nessuno gli chiede nulla, in acqua sono tutti uguali, cambia ruolo e torna a essere l’atleta veloce e forte di prima.
Mamma Camila per le ragioni che sappiamo legate al covid non lo ha più assistito durante gli allenamenti, ma è felice di vederlo tornare a casa stanco e con i parametri di glicemia tenuti sotto controllo anche grazie alle ore in acqua.
La cosa che più conta è il sorriso di Matteo che risplende sul suo volto e riporta un’intera famiglia e una comunità di amici fuori dal cono d’ombra in cui precipitarono a settembre del 2019.
Lo sport è anche questo, un gol segnato in acqua vale più di mille parole e cure psicologiche e una mamma lo sente che è tantissimo, che il tempo curerà tutto e che suo figlio è tornato ad essere felice, spensierato e, cosa più importante, responsabile di se stesso.
E a noi tutti basta per imparare a vivere ogni giorno di quest’epoca buia, con una luce migliore.
Grazie Matteo.
Grazie Camila e Chloe