La Maratona di New York così come le altre grandi maratone internazionali sono un bene preziosissimo e lo hanno capito da decenni i grandi organizzatori.
I 50.000 runners che ieri hanno corso New York sono stati l’esempio concreto del concetto di valore anelastico di un bene.
Un prodotto la cui domanda reagisce meno che proporzionalmente all’aumentare del prezzo dello stesso.
Per intenderci, nel 2005 pagammo il pettorale 150 dollari e ci furono 37.000 partecipanti, nel 2022 il pettorale di New York, per un maratoneta italiano, è costato, con un tour operator specializzato, 550 dollari, una variazione di prezzo del 266% e il 35% d’incremento degli acquirenti.
Possiamo definire il pettorale delle grandi maratone internazionali un bene di Giffen, dal nome dall’economista e statistico inglese Robert G. (1837-1910) il quale osservò che alcuni beni hanno la domanda che si muove nella stessa direzione del prezzo: in particolare, la quantità domandata del bene aumenta se il suo valore economico e la qualità dello stesso salgono.
La TCS New York City Marathon, è la più grande maratona del mondo, una delle migliori in termini di organizzazione e ha generato una propria mitologia attorno al prezzo del suo pettorale.
La qualità del bene Maratona è di natura dinamica che non segue una utilità marginale decrescente, ovvero, se il primo bicchiere d’acqua soddisfa la mia sete e i successivi sorsi riducono la loro utilità. A pensarci bene la maratona di New York è un bene che quando ci sei dentro vorresti non finisse mai, ovvero la sua “utilità” è crescente, in pratica il valore del bene non diminuisce al consumo, anzi.
Detto tra noi, al di là delle emozioni, del mito e della partecipazione mondiale, vorresti davvero che non finisse mai anche perché l’hai pagata cara e come tutte le belle cose che hai desiderato, ottenuto e per cui hai fatto sacrifici dovrebbe durare il massimo del tempo che puoi viverla.
La mia prima volta la corremmo il 6 novembre 2005 e ricordo che mi iscrissi solo tre mesi prima, oggi se la vuoi correre nel 2023 ti devi già muovere. Nel prezzo del pettorale era inclusa la maglia del pacco gara in cotone, il chip, che dovevi restituire dopo l’arrivo a Tevern on the Green in Central Park, pena un aggravio di costo.
Quella edizione la vinse in 2h09’30” Paul Tergat in un arrivo sul fil di lana con Hendrick Ramala che cadde proprio sulla linea finish line e Jelena Prokopcuka in 2h24’41”. Dietro di loro ci furono altri 37,008 arrivati. Numeri che non tengono più il passo con quanto accaduto ieri.
Per l’edizione 2022 i partecipanti dall’Italia sono stati 2222. I pacchetti offerti dai tour operator sono tantissimi e in media il volume di spesa si aggira intorno ai 2000 auro a persona: hotel a due passi da Times Square e Central Park, quote per persona 5 notti, € 1471,00. Pettorale Garantito (non rimborsabile e non trasferibile) 549 dollari.
Partire per la Maratona di New York ha già un costo fisso non da poco.
La maratona di New York sta attraversando un periodo storico che ha visto ridurre il numero dei partecipanti dal nostro paese. La carica degli oltre 3000 italiani non si vede più da tempo. Come ci ricorda podisti.net, nel 2018 si raggiunsero i 3177 iscritti e i 2998 classificati, ultima tappa del trend rialzista iniziato nel 2014 dopo il tracollo del 2013 (edizione che seguì quella annullata last-minute nel 2012). Il record storico di presenza italiana risale al 2011 quando gli arrivati furono 3393.
Malgrado il numero degli italiani sia in sensibile calo, rimaniamo secondi dietro ai soli Stati Uniti tra le nazioni più rappresentate in gara, infatti anche gli altri paesi della top five hanno subito un calo più o meno marcato.
Il motivo principale è il costo della formula proposta. Più di 2.000 euro a persona (e spesso molto di più) per il viaggio in aereo e il pernottamento in camera singola in un hotel di Manhattan rende bene l’idea che New York non è per tutte le tasche.
Cinque giorni a Manhattan vuol dire spandere per mangiare, ingressi ai musei, metropolitana, shopping nei luoghi dei grandi brand USA, merchandising all’expo della maratona dove spesso gli lasci 200 dollari senza neanche accorgertene.
Con questa lista della spesa a quanto salirebbe il costo totale?
A ciò si aggiungono le incertezze legate alla situazione sanitaria e le conseguenze del cambiamento climatico: il maratoneta più maturo inizia a pensare in modo nuovo ponendosi anche la domanda se è davvero ragionevole attraversare l’Atlantico in aereo per correre 42,195 km.
Ma la questione centrale è che fino a quando i grandi brand continueranno a foraggiare le maratone maggiori (Tokyo, Londra, Boston, Berlino, Chicago e New York) gli daranno l’appoggio per avere le spalle forti davanti all’incertezza dei mercati e del costo della vita. Ci vorrebbe molto più di una crisi sanitaria, economica e ambientale per sfidare il loro fiorente modello economico.
Evviva New York, evviva la maratona.
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