Lo sport come strumento di cura: l’arrampicata sportiva

Che lo sport faccia bene è cosa risaputa, sia da un punto di vista fisico che psicologico.

Ne abbiamo scritto tante volte.

Oggi vi voglio parlare di come lo sport può essere utilizzato come vero e proprio strumento di cura psicologica.

Lo sport come mezzo terapeutico.

 

Ho chiesto a Marco Bruci, psicologo, psicoterapeuta e analista bioenergetico, di raccontarmi come è nata la Climbing Therapy.

“L’idea è arrivata appena ho cominciato ad arrampicare. È stato subito chiaro quanta potenzialità terapeutica avesse l’arrampicata, vissuta non come attività prettamente sportiva, ma come strumento terapeutico.
È un’attività che, se bene utilizzata, permette di entrare in contatto, nel qui ed ora, con l’aspetto emotivo, psichico, razionale e corporeo.
Confrontandomi con una mia collega psicoterapeuta che aveva iniziato ad arrampicare, abbiamo deciso di trasformare questa intuizione in una modalità di lavoro”.

Scoprendo le potenzialità terapeutiche dell’arrampicata hanno coinvolto un istruttore di questa disciplina e si sono formati: “abbiamo contattato l’unica struttura in Europa che in quel momento aveva un’esperienza nell’utilizzare l’arrampicata nella psicoterapia e abbiamo fatto un corso di formazione”.

 

Ma in quali contesti può essere utilizzata?

“La Climbing Therapy può essere modulata in base alle esigenze delle persone che vogliamo coinvolgere.
La stiamo utilizzando con persone non vedenti, con persone aventi difficoltà appartenenti allo spettro autistico, inoltre da 8 anni è diventata parte integrante del programma terapeutico di una comunità terapeutica semi-residenziale per tossicodipendenti e conduciamo percorsi di psicoterapia di gruppo e di crescita personale. Inoltre abbiamo utilizzato questo intervento anche nell’ambito della formazione”.

Cosa avete potuto osservare usando la Climbing Therapy con i pazienti?

“Il primo risultato evidente è un’accelerazione nel percorso terapeutico della persona in quanto aumenta la consapevolezza, il contatto con se stessi e soprattutto, molto importante nell’ambito della tossicodipendenza, agisce in maniera efficace nel migliorare la capacità di autoregolazione delle emozioni. Inoltre aumenta l’autostima, le capacità di problem solving e permette un maggior radicamento in sé stessi e nella realtà”.

Dalla Homepage del sito www.climbingtherapy.it:

 

Scalare nel Profondo

Appena toccata la roccia e sollevati i piedi dalla terra, abbiamo intuito il grande valore terapeutico dell’arrampicare e così è nata la voglia di unire due passioni: la psicoterapia e l’arrampicata. Arrampicare permette di esperire, in modo intenso, completo e in pochi metri di scalata, la sintesi del lungo processo psicoterapeutico.

Un processo suddiviso in una serie di obiettivi intermedi che portano al raggiungimento di obiettivi finali…Un processo costellato da imprevisti, difficoltà, regressioni, resistenze e relazione. L’arrampicata è tutto questo tradotto in esperienza corporea, emotiva e relazionale.

Il procedere con le proprie forze contattando la paura, il vuoto, i propri limiti, il raggiungere lo spit che dà sicurezza per continuare gradualmente verso l’obiettivo successivo al fine di arrivare in catena, al top e liberare la via, è “l’esperienzalizzazione” del procedere del percorso terapeutico.

E tutto questo non avviene nella solitudine, ma insieme all’altro. Un altro da cui non si dipende, ma che sostiene nella salita e che fa sì che l’eventuale caduta non sia rovinosa e che aiuta a ripartire.

Così si arrampica imparando ad ascoltare il corpo, i limiti, le emozioni, cercando soluzioni alle difficoltà della via, fronteggiando le paure, dosando le forze, integrando il corpo, la mente e l’emotività.

Si riesce in questo modo ad autoregolarsi a far sì che lo stare, l’essere, non dipenda dall’esterno, da un sintomo, ma da se stessi. In questo modo si libera la via, in questo modo si diventa autonomi e indipendenti.

Buona salita!

Cecilia Somigli
Psicologa e una podista sorridente. Ho scoperto la corsa “da grande” dopo anni di pigrizia e da quel giorno non mi sono più fermata. Corro per sentirmi libera. Amo viaggiare e camminare e muovermi alla scoperta del mondo. Unire professione e passione mi ha reso una persona migliore e una professionista più competente.