Quando ho cominciato a correre, correvo senza pensare, o meglio pensavo ai fatti miei.
Era la valvola di sfogo di ogni mia disperazione, grande o piccola e non mi importava di nient’altro che provare quella sensazione.
La meravigliosa sensazione di benessere e soddisfazione che si prova alla fine di una corsa.
Sei sudato, stanco, ma per niente senza forze, tutt’altro. Sei carico di energia positiva, felice e pronto a ricominciare.
Come una ricarica, quando vedi la piccola batteria disegnata sul telefono tutta verde e sai che puoi fare quello che vuoi.
Sono nata da genitori “anziani”. Non che fossero matusalemme, ma negli anni 70 avere un figlio a 40 anni era come aver avuto una benedizione celeste, una sorta di ultima spiaggia e ricordo che mia madre, per ringraziare la vita di quel dono meraviglioso, decise di andare a Lourdes come barelliere.
All’epoca era un ruolo riservato a soli uomini, era duro prendersi cura di persone che spesso non avevano alcuna possibilità di muoversi, ma a lei non importava. Quelle persone che con un termine orribile vengono definite “allettate”.
Al suo ritorno, contrariamente ad ogni scuola di pensiero moderna in materia di educazione, mi raccontò la sua esperienza, delle malattie che aveva visto, di come Nunzia era nata con le gambe e le braccia arrotolate vivesse su un lettino speciale da tutta la vita o di quella vecchina a cui non si erano sviluppate le mani e lei non si spiegava perché e mi raccontava della gioia che provava a strappare loro un sorriso.
Mi portò al Cottolengo dove era ricoverata Nunzia e me la fece conoscere.
Dovevo vedere che, quella che oggi chiamo la Grande Madre, nella sua immensità, a volte compie degli errori e lascia ad alcune persone ben poche possibilità, anche se ero una bambina dovevo capire che ero stata una grande fortunata a nascere in una famiglia sana e sopratutto a nascere sana.
Recentemente, ho scoperto che anche questa mia grande passione per la corsa da immense possibilità di donare un sorriso.
Ho scoperto, perché lo hanno fatto dei miei amici, che puoi portare una lettiga speciale, la joelette, correre 10km con una persona che non può farlo e farla sorridere, farle sentire il vento freddo sulla faccia e tenerle la mano mentre per un attimo può godersi il suo granello di felicità.
Ho scoperto che puoi aderire ad iniziative di ogni genere forma e natura per proteggere chi non ha nulla, per aiutare la ricerca contro il tumore al seno, per sostenere la ricerca per i tumori di ogni forma e natura, per sostenere i bambini con malattie croniche con attività ricreative.
Ho pensato che potevo partecipare anche io, che potevo salire su questo carrozzone e fare qualcosa di utile non solo a me stessa.
Quest’anno non farò la maratona di Roma, ma non sono riuscita ad impedirmi di andare a guardare la nuova organizzazione, la medaglia, gli allenamenti proposti e, mentre rovistavo sul sito mi sono imbattuta nella “Run 4 Rome”.
Una staffetta. E chi l’ha mai fatta una staffetta!
Vabbè, fino a due anni fa non avevi mai corso, c’è sempre una prima volta.
Allora cerchiamo di capire, 10km circa a testa, 4 persone e fin qui mi piace, non si paga una quota ma si raccolgono fondi per una associazione a scelta e questo mi piace ancora di più.
Chiamo a raccolta il mio piccolo esercito ed eccoci qua, tre gruppi, dodici persone, un intento comune. Aiutare l’AIRC raccogliendo fondi per la loro causa. Sostenere la ricerca sui tumori pediatrici.
Un bambino è un essere umano che si è appena affacciato alla vita. Il suo mondo dovrebbe essere fatto di meravigliose scoperte, di sole, di cieli sereni ma a volte non è così e molti conoscono solo la luce al neon degli ospedali e il cielo e il sole li vedono da una finestra grigia e spesso malandata.
La ricerca è l’unico strumento che abbiamo per aprire quella porta e riportarli all’abbraccio delle loro famiglie, a quel calore che meritano, al mondo intero da scoprire ed è per questo che ho deciso di sposare questa causa e di fare del mio meglio per raggiungere questo obiettivo.
Abbiamo costruito una società grigia, fatta di grandi dolori e colorata con gli idrocarburi e gli scarichi dei nostri detriti che abbandoniamo in secchioni sporchi nelle nostre città, incuranti di dove andranno, incuranti di cosa inquineranno, cercando ogni giorno un colpevole al di fuori del nostro orticello e chi ne pagherà le colpe saranno le generazioni future.
Siamo in debito con loro, stiamo consumando rapidamente il pianeta che dovremmo lasciargli, facciamo almeno in modo che crescano sani, con la forza di ricostruire le macerie che troveranno, facciamo in modo che conoscano i colori, cosicché possano colorare quello che noi abbiamo spento.
Diamo loro una speranza, regaliamo loro il cielo, il calore del sole, il profumo del mare così come li abbiamo avuti noi.
Se correndo 10km potrò contribuire anche ad un solo secondo di ricerca, avrò preso in mano una matita gialla, se correndo con i miei amici per 42,195m potrò contribuire a 4 secondi di ricerca avrò cominciato a colorare il sole.
Ludmilla Sanfelice